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Ampiezza, profondità, tra le linee: la ricetta di un Milan a ritmo Champions

Se considerassimo unicamente le prestazioni del Milan dal 2020 in poi, i rossoneri starebbero lottando per qualcosa di più importante che un “semplice” sesto posto. Come ha detto Ibra “il Milan non è una squadra da Europa League”, un’affermazione che mette a confronto le ambizioni di un calciatore abituato (anche a Milano) a palcoscenici importanti e che sottolinea come non si tratti più del club di qualche anno fa. I rossoneri, con o senza Zlatan, devono ambire ai posti alti della classifica e stare dove meritano, così come lo è stato per lunghi anni. Ed in questo 2020, più che un dejavù, si è riaccesa una fiammella di speranza che, a malincuore, sarà spenta sotto il sole di Agosto. Con il 4-2-3-1 mister Pioli ha ridisegnato un Milan prolifico ed equilibrato, una squadra che viaggia a ritmo Champions ma destinata a pagare quei cinque mesi disastrosi che precedono l’arrivo di Ibra. Ma intanto i tifosi si godono un gruppo di ragazzi che ha rifilato 7 reti alle prime due in classifica, portando a casa 9 punti contro Roma, Lazio e Juventus. Ora è un Milan che ha le idee chiare, sa attaccare e, finalmente, concretizzare.

Rebic ed Ibrahimovic, una coppia d’attacco dalle mille soluzioni

La ricetta di questo Milan che viaggia a due punti a partita si basa proprio sulle alternative di gioco, una squadra che dal nulla si scopre essere più profonda di quanto si possa immaginare. Dopo l’infortunio di Zlatan, Stefano Pioli ha avuto l’occasione per lanciare molti ragazzi fino a quel momento smarriti come Bonaventura, Paquetà e Saelemaekers ed ha ottenuto delle risposte importanti. Un’altra scommessa vinta è stato Rebic nella veste di centravanti. Che non sia il suo vero ruolo è chiaro a tutti, ma il dato gol è rimasto tale e questo era l’importante. Il croato, come prima punta, garantisce profondità grazie alla sua esplosività che gli permette di rendersi una spina nel fianco per qualsiasi difensore. Emblematico lo scatto contro il Lecce che portò al tris rossonero, ma anche contro la Juventus, quando bruciò Rugani e andò ad assaltare quella porta che successivamente avrebbe bucato. Il totem svedese, d’altro canto, ha tutt’altre caratteristiche. L’imponenza fisica gli permette di stravincere i duelli aerei e giocare un ruolo importantissimo con le sponde, sia di testa che di piede, come accaduto nel derby oppure nel pareggio di Kessie contro i bianconeri. Due opzioni tanto diverse quanto importanti, e non dimentichiamoci che Ante e Zlatan posso giocare anche insieme.

Ampiezza e gioco tra le linee: Pioli’s revolution

Altri due assi nella manica di Pioli, due giocatori rispolverati proprio dal suo arrivo, sono Calhanoglu e Castillejo. Abili in entrambe le fasi, i due garantiscono equilibrio ed un ottima copertura quando c’è da soffrire, mentre nella fase di possesso rappresentano due frecce importanti per sorprendere gli schieramenti avversari. Il turco, che negli ultimi mesi ha trovato la propria dimensione come trequartista, è libero di muoversi tra le linee non lasciando punti di riferimento. Ma soprattutto, Hakan tira di più. E quando tira è sempre in grado di creare problemi, vedi Lazio-Milan. Un altro punto importante della rivoluzione di Pioli è il gioco in ampiezza. Con Theo Hernandez e Castillejo (ed ora Saelemaekers) non c’è più quella dipendenza totale dai cross in area di rigore. L’ottima velocità permette a questi tre giocatori di entrare in area di rigore e servire i compagni anche palla a terra come nel primo gol a Lecce. Tutte queste combinazioni regalano un Milan divertente, bello da vedere. Un tesoretto che, con ogni probabilità, mister Pioli lascerà in custodia a Ralf Rangnick.

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