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Perché dopo Istanbul, c’è sempre Atene

Il 23 maggio è una data che profuma di rivincita. Una data che simboleggia la rinascita. Il dolore di Istanbul 2005 non guarirà mai, ma Atene è l’effige del guerriero. Perché gli eroi non coprono le ferite, ma espongono le cicatrici come la medaglia della battaglia. Perché vincere la guerra vale molto di più. “Dopo Istanbul c’è sempre Atene”, è il mantra del tifoso rossonero da quella sera. In senso metaforico è attuale – attualissimo – perché il Milan è ferito, ma tutti i tifosi sperano – e in fondo sanno – che il Milan ritornerà e questi anni saranno solo una nuova cicatrice da mostrare con orgoglio, una volta tornati alla gloria.

In questo periodo difficile, con il Coronavirus che ha messo in ginocchio il paese, lo slogan è uscito dal campo di calcio, che ora conta meno di zero. E così gli striscioni appesi ai balconi anche adesso dicono che ci rialzeremo. Perché Atene 2007 è diventato un simbolo rossonero in ogni lotta della vita quotidiana: dopo la batosta c’è sempre la gloria. Il Milan, quella Champions, ha rischiato addirittura di non giocarla.

Appuntamento con la storia

Lo tsunami Calciopoli scalzò i rossoneri dal secondo posto del campionato 2005/06, facendo acciuffare il treno europeo per i capelli. Dai preliminari. Milan-Stella Rossa 1-0 gol di Pippo Inzaghi nell’estate mondiale. Milan-Slovan Liberec 1-0 gol di Inzaghi nel 2002. La storia segue sempre il suo corso, ma spesso è circolare e quasi ironicamente si ripete. Lo stesso punto di partenza, lo stesso punto di arrivo. Nella prima Champions di Carlo Ancelotti Inzaghi ha trascinato il Milan in finale, ma l’immagine iconica di quella vittoria sono gli occhi di Andryi Shevchenko che aspetta il fischio dell’arbitro Markus Merk per andare a battere Buffon. Questa volta Ricardo Kakà su tutti ha portato il Milan in finale, ma Atene è diventato il teatro di Pippo. Doppia rivincita per lui, perché ad Istanbul Carlo Ancelotti non l’aveva portato nemmeno in panchina. ‘Se ci fosse stato lui…” è il rimpianto più grande di ogni tifoso.

Nel 2009, nel suo libro Preferisco la coppa, Ancelotti racconta la vigilia di quella finale: “Avevo tenuto vivo un solo dubbio di formazione: Gilardino o Inzaghi? Alberto stava meglio, ma Pippo era Pippo. Anche se adesso non lo ammetterebbero mai, alcuni giocatori sono venuti da a chiedermi una cosa ‘Non farai mica giocare Pippo? Non vedi come sta?’. In effetti era mezzo morto, eppure sapevo che quelle erano le sue notti. Quelle erano le sue notti…”. L’intuizione dell’allenatore più vincente in Champions League e il resto è leggenda

I dolci anniversari

Il 23 maggio è la data di un’altra rinascita. In casa propria stavolta. Dopo un undicesimo e un decimo posto il Milan di Alberto Zaccheroni trionfò a Perugia per 2-1 e suggellò il 16 scudetto. Un trionfo inaspettato viste le premesse, ma con una rimonta fenomenale che consacrò il Diavolo. Ma il 23 maggio è anche la data della riconferma. 1990: Milan-Benfica 1-0, timbro di Frank Rijkaard, seconda Champions consecutiva di Arrigo Sacchi un anno dopo aver schiantato 4-0 lo Steaua Bucarest. 23 maggio significa anche storia. Perché nel 1968 Il Milan del Paron Nereo Rocco alzò la prima Coppa delle Coppe contro l’Amburgo.

Una data diventata ricorrente nella storia che, come detto, è imprevedibile ma ama ripetersi e chiudere il cerchio. Che ci sia lo spazio per un quinto anniversario in futuro? Al momento la situazione è tetra e non lascia ben sperare, ma ‘dopo Istanbul, c’è sempre Atene”

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