C’è un fatto. Settanta (70) milioni sono una cifra importante, così come lo sono i (presunti) 6,5/7 milioni che il Newcastle destinerebbe annualmente a Sandro Tonali. C’è che, oltre i 50 milioni “base” replicati dallo scorso anno, il bottino-mercato necessita di essere rimpinguato. E c’è che, in virtù di quanto è stato messo nero su bianco nelle carte del nuovo assetto societario (libertà dell’ad Furlani di firma per “colpi” entro i 30/33 milioni), con quei soldi di sostituti ne puoi prendere due. E di buon livello.
Poi c’è Sandro Tonali, appunto. Interprete del Milanismo più vero, quello che nel calcio di oggi probabilmente non si vede più. Figlio del Milan e del Milan di Maldini forse più di chiunque altro. Più “maldiniano” che “pioliano”, ecco. Su questo non c’è dubbio. Ci dicono che il “capitano in pectore” sia stato uno dei più provati dall’addio improvviso del tandem dirigenziale, così come ci dicono che attualmente i rapporti con la proprietà e l’area tecnica siano un po’ freddi. Tonali lamenterebbe l’assenza di nerbo nei momenti cruciali della stagione passata, con la chiara preoccupazione per le ripercussioni nel prossimo futuro.
Tonali è ultramilanista, questo è certo. Così come è certo che, al momento, il possibile addio stuzzica più la dirigenza Milan di quanto non stuzzichi il giocatore impegnato nell’Europeo Under 21. Ma, dicevamo all’inizio, c’è un fatto: ci sono 70 milioni di mezzo, al netto di smentite di rito e di assenza di «offerte formali da valutare», come sta emergendo da più parti nelle ultime ore. Diventerebbe – a memoria – il mediano meglio venduto nella storia del calcio italiano. E c’è anche un altro fatto, a dirla tutta: la fiducia nella guida tecnica non è più quella dei giorni migliori.
