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Un tricolore sperduto nella memoria: Milan, cosa resta di quello scudetto due anni dopo? Il giocattolo si è inceppato

Due anni fa, oggi. Leggerete ovunque questa frase sui social, perché il 22 maggio 2022 il Milan ha conquistato il suo diciannovesimo scudetto. Uno dei giorni più belli ed emozionanti per i tifosi rossoneri, per chi si è appassionato a questa maglia. Per chi lo ha fatto nel periodo più difficile della storia recente del Milan, ovvero dal post Berlusconi, in cui il diavolo sembrava entrato in un vortice nero e non riusciva proprio ad uscire. Per chi ha il Milan nell’anima e con passione, ha continuato a tifare nonostante i quasi dieci anni di declino. Oggi, due anni dopo, sembra passata un’eternità, perché il diavolo, invece di aprire un ciclo vincente, si sta autodistruggendo dall’interno, cambiando ogni assetto consolidato, e bruciando tutto il gap e il vantaggio che aveva, nei confronti delle altre squadre.

Il giorno dopo la festa: passaggio di proprietà

A Milano, come al solito, si pensa al futuro. Il giorno seguente alla meravigliosa festa scudetto, l’aria estiva stava già portando via l’emozione dello scudetto. Infatti, i riflettori erano puntati sui ritardi nelle firme di Maldini e Massara, e soprattutto sul passaggio di proprietà da Elliott a RedBird. Il colosso americano, già presente in maniera anonima alla festa scudetto in Duomo, stava lavorando per l’acquisizione del club. Il 31 agosto 2022, il Milan passa ufficialmente nelle mani di Gerry Cardinale, con l’ambizione, secondo il proprietario, di tornare a competere nei migliori palcoscenici del mondo. Provare a vincere tutto, provare a tornare grandi, tra i grandi. Eppure, dopo una stagione chiusa al quinto posto, la scorsa, ed una semifinale di Champions che aveva realmente il profumo di un meccanismo funzionante, il Milan, in un caldo mese di giugno 2023, si è sciolto. L’addio di Maldini e Massara, con Moncada e Furlani a prendere il loro posto, stava cambiando velocemente le carte in tavola. L’impressione immediata è stata che il Milan stesse perdendo la propria anima, la propria identità. Sull’onda, però, di un lineare calciomercato, che ha portato a Milano calciatori di qualità e soprattutto di livello, tutto è passato in secondo piano, o quasi. Nel frattempo, nei 630 giorni da patron del club, Cardinale ha rilasciato solo ed esclusivamente parole monotone e frasi fatte, parole che i tifosi sono stanchi di ascoltare, visto che la realtà, al momento, è un’altra. Il suo Milan ha smesso di crescere, non rischia negli investimenti e pare camminare nella semplicità. Cardinale è uno dei pochi uomini d’affare americani a non creare un colpo che faccia breccia nel cuore dei tifosi. Chiaramente Cardinale ha bisogno di tempo per lasciare le sue orme, ed un buon lavoro anche sul fronte stadio è stato fatto, però quando guidi un club come il Milan serve di più. Serve sempre di più.

Da Maldini a Furlani: Milan, perché?

Lo spirito guida, nel percorso che ha riportato il Milan al vertice della Serie A prima, e della Champions League poi, è stato uno: Paolo Maldini. L’ex bandiera rossonera conosceva ogni minimo dettaglio del club, ogni minimo dettagli dell’allenatore e dei calciatori. Semplicemente Paolo Maldini rappresenta il Milan, e questo lo sappiamo già. Il suo addio ha fatto molto male all’ambiente, ma nell’entusiasmo delle prime vittorie stagionali, sembrava si potesse fare a meno di lui. Invece, in un autunno pieno di infortuni, di gare sfortunate, di sconfitte rocambolesche, e di punti lasciati per strada, il Milan ha perso la sua forza. La dirigenza guidata da Furlani, ha mostrato poca personalità e destrezza nel nuotare in acque agitate. Tanti errori di comunicazione, che spesso è stata addirittura assente, hanno portato Stefano Pioli a restare solo, contro tutti. La stagione del Milan è terminata anzitempo, vista l’uscita dalla Champions e dalla corsa scudetto. Con una discreta continuità tra i mesi di febbraio e marzo, ha messo in cassaforte la qualificazione alla prossima Champions, e si è poi disintegrata nei quarti di finale di Europa League. Ai microfoni delle varie emittenti televisive, nessuno dei dirigenti ha stimolato, protetto, guidato, difeso, tutelato la squadra. Nessuno ha preso iniziativa per caricare i giocatori, spronarli a dare di più. Solo le solite, monotone, parole. Ed il Milan si è lasciato andare, la squadra ed i giocatori hanno lavorato in autogestione. La toppa Ibrahimovic non ha funzionato. Lo svedese è più vicino a Cardinale che alla squadra, non funge da collante tra club e giocatori, non è al momento ciò che è stato Maldini per il Milan.

Da Pioli a… Pioli!

È stato l’allenatore di uno degli scudetti più belli del Milan. Scippato clamorosamente ai rivali nerazzurri, partendo da una rimonta perfetta nel freddo mese di febbraio. La doppietta di uno dei leader della squadra, Olivier Giroud, e le mosse di un allenatore umile e voglioso di dimostrare la sua crescita, Stefano Pioli. L’allenatore che tutti stavano iniziando ad apprezzare, sia per la parte tattica, in campo, si per l’ottima comunicazione. Pioli ha portato, anzi, riportato il Milan a dei risultati meravigliosi, ma oggi, due anni dopo, sta per allenare per l’ultima volta, i diavoli rossoneri. Da Pioli is on fire, dalla festa, dall’orgoglio di avercela fatta, ai pessimi risultati nel biennio successivo. In campionato, il quinto posto dello scorso anno, e quest’anno, con l’eliminazione nelle due competizioni europee. Pioli ha avuto in mano, quest’anno, una squadra fortissima. Probabilmente con qualche neo, come gli infortuni, la difesa meno costante, e un equilibratore in mezzo al campo. Ma la rosa a sua disposizione resta comunque di gran livello, e non può terminare il campionato a quasi venti punti dall’Inter. Non può prendere tre gol da tutti e non può passare in soli due anni dall’essere una squadra solida, che lavora di gruppo e poi sfocia la propria forza sugli attaccanti esterni, ad essere una squadra che costruisce gioco ma si limita alla giocata e alla bravura del singolo. Che mette in scena l’uno contro uno per tutto il campo, nonostante le caratteristiche fisiche dei calciatori a disposizione sono altri. È giusto che un tecnico abbia le proprie idee, ma è altrettanto giusto che faccia un passo indietro e capisca che non tutte le gare possono essere giocate allo stesso modo. In due anni la prospettiva di Pioli è cambiata, le tante sconfitte pesanti hanno martoriato i tifosi e l’ambiente, tant’è che invece di due, sembrano essere passati almeno dieci anni.

Due anni dopo: costruire la spina dorsale della squadra

Questa estate lasceranno altri due leader dello scudetto: Kjaer e Giroud si aggiungono a Tonali, Kessie, Romagnoli. I capisaldi dello spogliatoio che hanno guidato e tenuto in mano le redini hanno finito il loro tempo al Milan, che sembra oramai senza personalità e polso. È altrettanto vero che i vari Maignan, Theo Hernandez, Leao, Tomori, potranno finalmente mostrare il proprio milanismo, visto che starà a loro illuminare la strada verso le vittorie. Dal 22 maggio 2022, il Milan ha però perso la sua spina dorsale: il mercato dovrà portare inevitabilmente dei rinforzi nella zona centrale del campo, zona nevralgica e importantissima. Si parla tanto di Buongiorno, Fofana e Sesko, in ogni caso, serviranno uomini di forza e quantità, ma soprattutto di leadership. Il Milan deve ritrovare la forza del gruppo e la personalità che nei magici mesi che hanno portato allo scudetto, lo hanno contraddistinto. Milan, ora devi mettere la marcia in più, ora devi darti lo slancio per mostrare, finalmente, l’ambizione tanto chiacchierata. Due anni dopo, Milan, torna a dare un segnale importante: io sono ancora qua.

Milan: Zlatan Ibrahimovic, Giorgio Furlani (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)
Milan: Zlatan Ibrahimovic, Giorgio Furlani (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)

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