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Gazzetta: con i soliti noti si vola e i nuovi faticano. E’ sempre il Milan dello Scudetto

L’edizione questa mattina in edicola de La Gazzetta dello Sport dedica un focus al Milan, all’indomani del passaggio del turno in Champions League. La Rosa evidenzia come mercoledì a San Siro sette undicesimi dei giocatori titolari lo erano anche il 22 maggio scorso, nella partita-scudetto di Reggio Emilia. I “volti nuovi” (si fa per dire) tra una partita e l’altra sono stati quelli di Kjaer, Bennacer, Rebic e Tatarusanu. Un fatto è certo: mentre i nuovi arrivati faticano a trovare il loro posto al sole, il blocco dello scudetto vola e fa volare questo Milan.

Questione di percorso, direbbe Pioli. E nel suo Milan che in tre anni ha scalato le montagne non c’è nulla di più logico: chi c’era fin dall’inizio è cresciuto fino a diventare un pilastro della squadra tanto in Serie A quanto in Champions; chi si è aggiunto strada facendo, come Tonali, si è sbarazzato della timidezza iniziale diventando l’anima della squadra; chi è arrivato un anno fa, Maignan e Giroud ad esempio, ha contribuito ad alzare il livello, installando la mentalità vincente e proseguendo il lavoro iniziato nel 2020 da Ibrahimovic. Un processo pressoché perfetto, che ha permesso a Pioli di rimpiazzare senza traumi gli addii eccellenti del passato (da Donnarumma a Calhanoglu e Kessie).

Anche se in questo 2022-23 manca ancora un pezzo. Perché chi è sbarcato a Milanello in estate non ha ancora ingranato come ci si aspettava. L’impatto migliore? Tommaso Pobega, non a caso un talento cresciuto sui campi del Vismara e rientrato alla base dopo i prestiti con Ternana, Pordenone, Spezia e Torino. Il ritardo più lampante? Charles De Ketelaere, uno che sul taccuino delle grandi d’Europa ci era finito proprio grazie a svariate serate da protagonista in Champions.

Tutt’altra musica di quella suonata fin qui dal biondino di Bruges: quando Pioli lo ha sistemato sul podio dell’orchestra, a Zagabria, il belga si è sciolto dopo poche note; quando gli ha riconsegnato il palcoscenico, a show quasi chiuso con il Salisburgo, i quindici minuti di celebrità se li è presi meritatamente Messias: il brasiliano in Champions ci è arrivato a 30 anni ma ha già segnato due gol, tanti quanti De Ketelaere che frequenta il torneo da quando aveva 18 anni. Tempo al tempo: in casa rossonera non hanno cambiato idea e restano convinti che i 32 milioni versati al Bruges saranno ripagati. Nel frattempo,però, a brillare, e a decidere, sono stati gli altri. Titolarissimi e non: chiedete a Diaz e Krunic.

Che si tratti di un uomo copertina alla Leao o di (presunte) alternative, la vecchia guardia trascina perché chi veste rossonero da tempo ha assimilato al meglio i principi di gioco dell’allenatore e sa come interpretarne le richieste. Permettendogli anche di sperimentare con successo, per di più in partite delicatissime. E così la posizione di Brahim, largo a destra nel 4-3-3, è diventata la chiave per sfondare con la Juve, Hernandez accentrato è stato il jolly che ha spiazzato tanti avversari in campionato, la difesa a tre vista col Salisburgo (Kalulu, Kjaer e Tomori a sigillare gli spazi e liberare metri per il solito Theo, stavolta esterno a tutto campo) si è rivelata la mossa vincente per spalancare le porte degli ottavi. Quando al gruppo si unirà il primo rinforzo del 2023: si chiama Ibrahimovic, dicono sia un leader nato.

Hellas Verona-Milan: l'esultanza al gol (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)

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