Il preparatore atletico del Milan Matteo Osti ha rilasciato un’intervista ai microfoni di Milan TV riguardante il suo lavoro nell’universo rossonero.
“A Bologna ho conosciuto Stefano (Pioli, ndr) ed è da lì che è nato il nostro rapporto professionale che va avanti ancora oggi a distanza di 20 anni. Siamo cresciuti insieme, ognuno nei propri ambiti, ma molto spesso le strade s’incrociano“.
Su Pioli: “Il mister è molto attento e preparato. A volte vede cose che noi preparatori non riusciamo a vedere, ma con l’occhio dell’allenatore oltre che con le sue competenze ci dà spunti interessanti. Noi siamo un po’ figli dei numeri, tante volte nei numeri non c’è tutta la verità. La sua sensibilità, il suo occhio e la sua competenza ci aiuta a scegliere al meglio le nostre programmazioni“.
Sugli aspetti importanti del lavoro: “Diventa sempre più importante la collaborazione, instaurare un buon feeling con tutte le strutte che ci supportano e consigliano nel nostro lavoro, dall’area medica a quella fisioterapica. È un lavoro d’equipe, che si sviluppa giorno per giorno attraverso riunioni programmate, ma anche tanti scambi di opinioni a fine allenamento. Noi siamo lì a bordocampo ed è un momento fondamentale per la condivisione, perché i nostri occhi vedono cose diverse“.
Sul lockdown: “L’idea di base della gestione del lockdown è stata del mister. Ci siamo accodati e l’abbiamo accolta ben volentieri. Ha portato dei frutti tangibili a tutti gli effetti, la qualità del tempo è stata veramente alta. Abbiamo capito da subito che i ragazzi ci avrebbero seguito in quest’avventura che è stata per tutti una novità e abbiamo fatto di necessità virtù. Da una buona idea può succedere qualcosa di ancora più bello, ma anche qualcosa che non vada per il verso giusto. È da coltivare giorno per giorno. Si fanno delle previsioni e si stilano dei programmi in anticipo perché si deve avere un piano, ma va limato, riconsiderato, aggiornato. È fondamentale il day by day, perché la stagione è lunghissima e l’aver lavorato bene in estate non può garantire una stagione intera“.
Sul lavoro sui giocatori: “Le caratteristiche di giocatore di un atleta non possono essere cambiate. Siamo consapevoli di doverlo accompagnare nello sviluppo delle sue potenziale e cercare di limitarlo nelle sue problematiche. Il grosso del lavoro dev’essere fatto in anticipo prima dell’allenamento e dopo. Il lavoro sul campo è calcio e come tale dev’essere svolto, ma le sue qualità sono intrinseche perché ognuno nasce con un corredo, un bagaglio genetico che dipende da migliaia di fattori. Sarebbe utopistico pensare che noi abbiamo la bacchetta magica per poterlo cambiare. Discorso diverso sui soggetti un po’ più giovani, perché si devono formare. Lì andiamo ad insegnare loro anche una professionalità, una consapevolezza delle loro problematiche e delle loro qualità. Bisogna invitarli a lavorare perché hanno tanta strada da fare per migliorare e sviluppare al massimo le loro potenzialità“.
Su Milanello: “Sono rimasto a bocca aperta dal posto, dalla struttura, dalla storia che si respira. Si respira la storia del calcio, chi non è passato da qui non lo può capire. Fare parte della famiglia del Milan è qualcosa di speciale che non ho sentito da nessuna parte nelle esperienze precedenti“.
E conclude: “Noi arriviamo presto la mattina e siamo sempre gli ultimi ad andare via, ci godiamo tutto del nostro lavoro, sia la fase attiva di campo che la fase di riconsiderazione del lavoro. Ci coinvolge a 360 gradi, sotto tutti gli aspetti“.