La doccia fredda è arrivata e, dopo un’impresa targata Messias al Wanda Metropolitano, il Milan ha scoperto, non tanto inconsapevolmente, di dover ancora crescere per competere ai livelli della Champions League. Non tanto inconsapevolmente perché tutto l’ambiente, al di là del sogno, conosceva le difficoltà di confrontarsi con una squadra come il Liverpool, nonostante le assenze. A questo va aggiunto il fatto che non dipendesse tutto dagli uomini di Pioli e, a posteriori, lo si è visto dato che l’Atletico Madrid ha annichilito il Porto al Do Dragão.
Ovviamente nel giorno post-partita la gogna mediatica ha colpito il club rossonero ed il calcio italiano, non ancora “all’altezza” di quello inglese o spagnolo. Tra queste anche l’incredibile affermazione “con i quarantenni e Messias si fa fatica in Champions“, che arriva appena due settimane dopo un “Messias, molto più che una favola, la sua“. Equilibrio chi?
Tempo e equilibrio
Che Junior Messias non fosse come il quasi omonimo che gioca a Parigi con lo stesso numero non era un mistero quando è arrivato a Milano. Le aspettative non erano quindi di quel tipo. Detto questo, però, non parliamo di un giocatore di livello inferiore, viste anche le dimostrazioni date fino a questo momento con la maglia del Milan. Né fenomeno né giocatore scarso: uno con i piedi per terra come lui non merita etichette.
La fatica in Champions la si fa con o senza Messias, con o senza Ibrahimovic, quando si hanno elementi che non hanno alcuna esperienza precedente nella competizione o quando si capita in un girone con Liverpool, Atletico Madrid e Porto: tre squadre che l’anno prima hanno raggiunto tutte gli ottavi (due di queste passando il turno). La fatica si fa quando si hanno continue defezioni (out almeno 5 potenziali titolari nella serata di ieri) e si gioca ogni 3 giorni da quasi 4 mesi a questa parte. Non scuse, semplici constatazioni di come i quarantenni o Messias non siano la causa di un’eliminazione arrivata alla 6ª giornata in un girone di ferro.