In una serata in cui finalmente sono state più le note positive che quelle negative, c’è un asterisco che porta un nome e un cognome: Rade Krunic. Sì, perché per il bosniaco serve fare un discorso a parte dopo quanto accaduto ieri sera, quanto riportato nelle ultime ore e più in generale quanto successo dall’estate in poi.

Contro il Frosinone la sua assenza è stata a tratti sorprendente, visto che Reijnders era reduce da due partite intere consecutive e si pensava, almeno alla vigilia, che potesse osservare un turno di riposo. Tutto lasciava pensare ad una sua titolarità, ma così non è stato. Anzi, l’ex Empoli non si è mai alzato dalla panchina per iniziare il riscaldamento. Una notizia che fa rumore: problemi fisici o semplice scelta tecnica? Tutto fa pensare all’opzione numero due.

Nelle ultime tre gare, quelle post sosta, ha giocato circa 45′ complessivi. Due spezzoni contro Fiorentina e Borussia Dortmund, panchina contro i ciociari. La sensazione è che qualcosa si sia rotto, ma era qualcosa nell’aria già in estate. È noto l’apprezzamento del Fenerbahce per il centrocampista bosniaco e viceversa. L’offerta ricevuta in estate lo avrebbe allettato al punto da essere pronto ad accettarla, ma la volontà rossonera era quello di trattenerlo, nonostante il contratto in scadenza nel giugno 2025 e una richiesta economica per il rinnovo fuori portata per le casse rossonere in riferimento al ruolo che dovrebbe occupare in rosa.

Una volontà ferma, ribadita più volte da Stefano Pioli: nelle sue idee, Krunic doveva essere il perno centrale del centrocampo a tre con Loftus-Cheek e Reijnders. Un esperimento andato bene nelle prime tre gare della stagione, ma che piano piano è andato perdendosi. L’impressione è quella di aver fatto da ambedue le parti il passo più lungo della gamba: il tecnico nel ritenerlo adatto per quel ruolo chiave con continuità, il bosniaco nel credere di essere diventato un titolarissimo della rosa.

Il suo ruolo in questi anni è sempre stato quello di dodicesimo/tredicesimo uomo, duttile e sempre pronto in caso di necessità a rispondere presente sul campo. Per quanto bistrattato, è stato uno dei protagonisti della crescita della squadra di Pioli, dimostrandosi affidabile grazie ad una grande intelligenza tattica che ha facilitato il gioco di tanti compagni. Un lavoro spesso svolto nell’ombra perché il Krunic più appariscente e protagonista in zona gol di Empoli non si è quasi mai visto in rossonero, se non quando avanzato in posizioni non propriamente sue (esterno sinistro contro il Napoli a San Siro nella scorsa stagione, per dirne una). Da sesto uomo del basket a giocatore da quintetto: l’errore di valutazione è stato forse questo. Se ciò ha causato prima un fraintendimento e poi un attrito, è giusto dirsi addio. A gennaio come era giusto farlo in estate. Con buona pace di chi lo ha sempre bersagliato di critiche, spesso esagerate ed esasperate.