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Milan, il problema non è la “fame”: un anno dopo i difetti sono ancora gli stessi

«Chi non ha fame deve rimanere a casa, ma non è questo il nostro caso». La frase di Simon Kjaer nel post partita di un deprimente Cremonese-Milan ha scatenato un acceso dibattito nel tifo milanista, comprensibilmente deluso e perplesso dopo uno 0-0 che ha chiuso un trittico composto anche da Torino e Spezia e che ha portato in dote appena 4 punti su 9 disponibili. Un Milan che stenta, fa fatica, vede il Napoli allontanarsi e fa sorgere una domanda: davvero questa squadra è meno motivata e meno “affamata” rispetto a un anno fa?

Milan ieri e oggi, cosa è cambiato

Per rispondere iniziamo dai numeri: dopo 14 giornate il Milan di Pioli 2022/23 conta 30 punti in classifica, frutto di 9 vittorie, 3 pareggi e 2 sconfitte; due lunghezze in meno rispetto a quanto totalizzato un anno prima, quando i punti erano 32. Si obietta però che la vera differenza sia nelle prestazioni, con una tenuta difensiva spesso insufficiente e un gioco opaco. Su quest’ultimo aspetto pesa però un calendario compresso come non mai, mentre riguardo la difesa sempre i numeri rivelano tutt’altro. Il Milan 2022/23 ha subito 14 gol in 14 partite, non pochi, ma ben quattro in meno rispetto a un anno prima, quando erano stati 18 nei primi 14 match, di cui sette in due partite tra Fiorentina e Sassuolo.

Tatarusanu
Milan: Ciprian Tatarusanu (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)

Un confronto “sbagliato”

Problemi difensivi che dunque non mancavano nemmeno lo scorso anno, dimenticati con il rush finale tra aprile e maggio in cui il Milan di Pioli diventò impenetrabile. Proprio l’ultima entusiasmante parte di stagione “annacqua” il paragone tra le due formazioni di ieri e di oggi. La volata finale di Calabria e compagni – con la squadra “on fire” e in condizione psicofisica straordinaria – ha fatto dimenticare prestazioni balbettanti come quelle con Udinese e Salernitana o i desolanti 0-0 contro Bologna e Torino. All’epoca però, non potendosi appellare alla mancanza di “fame”, il dito veniva puntato sull’eccessiva immaturità di una squadra e di un allenatore non pronti alle vertigini da scudetto.

Pregi e difetti

Troppo concentrati a sviscerare gli aspetti psicologici, se ne sottovaluta uno forse ancora più importante e decisivo: quello tattico. Il Milan di Pioli basa le sue fortune sull’intensità, l’aggressività e sugli strappi in velocità di alcuni suoi interpreti fondamentali come Theo Hernandez e Leao. Quando queste tre componenti funzionano in armonia, i rossoneri offrono la loro versione migliore, se però qualcosa si inceppa arrivano i problemi. In particolare contro squadre molto abbottonate, con pochi spazi a disposizione, la vita si complica e sbloccare le partite diventa un’impresa. E Cremona è soltanto l’ultima della lista.

Quando il mercato non aiuta

Come ovviare al problema? Aumentando la qualità dalla trequarti in su. Lo sapevano bene anche Maldini e Massara, che hanno puntato quasi tutto il budget a disposizione su un potenziale crack come Charles De Ketelaere. Senza contare gli innesti di Yacine Adli e Divock Origi, altri due giocatori che avrebbero dovuto alzare il tasso tecnico della rosa. Le cose però – almeno finora – non sono andate secondo i piani, con l’ex Brugge che fatica ad ambientarsi, l’algerino diventato un oggetto misterioso e il centravanti impalpabile anche a causa dei problemi fisici. E così il Milan si ritrova a essere un copia-incolla dello scorso anno, con gli stessi pregi e inevitabilmente con gli stessi difetti. E per questo non c’è fame che tenga.

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