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Ibrahimovic a Milan TV: “Non voglio rientrare solo perché sono Ibra: rientro per fare la differenza. Il mister era stressato…”

Zlatan Ibrahimovic ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni a Milan TV dal ritiro rossonero di Dubai. Lo svedese sta continuando il suo programma di recupero per rientrare dopo l’operazione dello scorso maggio. Ecco le sue parole.

Sto bene. Ogni giorno che passa sto migliorando, seguendo il protocollo che devo seguire. Purtroppo non c’è una data del mio ritorno, perché quando starò bene bene e mi sentirò pronto, rientrerò. Questa è la cosa più importante. L’importante è stare bene e quando uno sta bene riesce a fare le cose. Non voglio rientrare solo perché sono Ibrahimovic: rientro per fare la differenza“.

Sulla differenza rispetto al primo grave infortunio: “La differenza è che sono più pronto questa volta. La prima volta non lo ero perché non mi era mai successo e non ero mai stato in quella situazione. Questa volta ho esperienza della prima e so cosa mi aspetta. La chiave qui è la pazienza, lavorare e tornare più forte di prima“.

Sugli ultimi mesi della stagione 2021-2022: “Provavo in tutti i modi: stringere i denti e pensare ad altre cose. Pensare alla squadra e aiutarla. Facevo quello che riuscivo a fare e dico la verità: non era tanto quello che riuscivo a fare. Ero molto limitato in tutte le cose perché il ginocchio stava veramente male. Ogni volta che entravo in campo e facevo qualcosa, c’era la conseguenza che la situazione si sarebbe aggravata. Questo è quello che sto pagando adesso. Rimpianti? No, lo rifaccio tutti i giorni, tutta la settimana, tutti i mesi, tutto l’anno se ho possibilità di vincere lo scudetto“.

Sull’ultima gara dello scorso campionato contro il Sassuolo: “Era una giornata molto importante per noi, potevamo vincere lo scudetto. In campionato ci sono 38 partite: ne hai giocate 37, ne manca una per essere campioni. Quel giorno non si poteva sbagliare niente: preparazione, fuori campo, movimenti, trasferimenti, albergo, tutto quanto doveva essere perfetto. Anche se c’era qualcosa che non era perfetto, era perfetto. Poi per la partita bisognava essere concentrati, giocare come sappiamo giocare, essere fiduciosi, non perdere la testa. Se ti giochi tutto in una partita, non è facile mentalmente, ma la squadra era pronta e abbiamo preparato molto bene la partita. Tutti avevano voglia, fame di vincere, ma sotto controllo. Eravamo tutti fiduciosi. Devo dire che il mister era stressato, ma lo capisco. Non solo quel giorno, ma negli ultimi tre mesi. È normale: se non hai mai vinto un trofeo per cui tu hai lavorato per tutta la vita, che ha un’importanza enorme nel tuo lavoro, non è facile. Non hai esperienza e non sei abituato. Ma alla fine abbiamo vinto e quando vinci tutto si scioglie, ci si rilassa, lacrime, gioia, emozioni, godi e sorridi. Tutto arriva perché è il momento più bello che può succedere. Questo è quello per cui un calciatore lavora 10 mesi: quando ti ritorna questo, è la cosa più bella che possa succedere“.

Sul discorso negli spogliatoi dopo la vittoria dello scudetto: “Non era programmato, non sono uno così. Sono me stesso e prendo come arriva il momento. Dopo tutto quello che abbiamo passato da quando sono arrivato, alla fine vinciamo: volevo fare un discorso che mi arrivava dal cuore. Penso che i ragazzi meritavano questo. Poi tutto è esploso, si vede nel video, non c’è tanto da spiegare. Ciò che mi dà grande soddisfazione è vedere Paolo Maldini festeggiare: sappiamo il significato che c’è dietro a questo trofeo. È una gioia infinita“.

Sulla paura: “Non ho paura di non tornare, non esiste. Esiste essere realistico: se non riesci a tornare, non riesci. Non è una paura, è questione di maturità. Sono stato fortunato di giocare a calcio per tutti questi anni. È destino: tutto quello che è successo e succederà, dev’essere così“.

Sul lavoro sul proprio corpo: “Il lavoro non è quanto lavori, non c’è un orario. Mi alleno finché mi sento bene e mi sento soddisfatto, mi sento vivo. Nella mia esperienza io so che quando si lavora tanto, torna sempre. Sono un animale: non esiste un fisico così, solo Ibra ce l’ha. Sono forte da fuori quando mi guardi, ma sono ancora più forte dentro“.

Sui consigli dati ai figli: “Tanti. Quando spieghi, è più facile farlo seguendo quello che succede in campo. Gli dico che devono stare attenti quando uno di noi sbaglia, gli dico: ‘Se Rafa sbaglia un dribbling, anche tu puoi sbagliarlo’. Nel loro mondo hanno questa pressione come papà. Anche io dico a me stesso che non posso sbagliare, invece sbaglia anche Ibra, quindi tutti possono sbagliare. Ma se lo dico come papà, non lo vogliono sentire perché hanno altri esempi. Paragoni? Non è giusto, ognuno è sé stesso, cresce come gli piace giocare. Sono giovani e devono stare bene, essere felici di quello che stanno facendo“.

Su Dubai e il ricordo del 2010: “Si correva in spiaggia, si faceva allenamento duro. Tutto andava come volevamo. Grande esperienza“.

Sul suo nome: “Papà ha voluto chiamarmi Zlatan che significa oro in slavo. Non gli ho mai chiesto perché, è così“.

Sul trasformare qualcosa che sembra impossibile in qualcosa di possibile: “Lo abbiamo fatto due anni fa quando sono tornato: ho detto che avremmo riportato il Milan al top e tanti ridevano, non credevano perché la situazione era come era. Noi abbiamo lavorato e creduto, ognuno con la propria responsabilità. Paolo e Ricky hanno fatto un grande lavoro e non era facile. Poi noi in campo e fuori campo, il mister ha fatto un lavoro estremo: ognuno ha fatto il suo e tutto si è unito. Siamo dove siamo, ma non bisogna essere soddisfatti e pensare che sia finita, è il contrario. Hai mangiato un po’ di successo, allora sai che feeling è: deve continuare questo, devi avere più fame per fare di più“.

Ibrahimovic
Milan: Zlatan Ibrahimovic (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)

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