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Milan, la Champions ha un sapore più amaro: ma è così che si cambia mentalità

Con quattro giornate di anticipo è arrivata la matematica qualificazione in Champions League, la quarta consecutiva per il Milan di Stefano Pioli. Una qualificazione che tre anni fa la si festeggiava come uno scudetto all’ultima giornata contro l’Atalanta mentre quest’anno oltre ad essere già nota da tempo, sembra solamente il contorno di una stagione fallimentare.

Già solo questo può bastare per capire il passo avanti dei rossoneri in quella che è e deve essere la mentalità giusta per vincere. Non basta accontentarsi dell’obiettivo minimo – siamo sicuri che sia per tutti l’obiettivo minimo? – ma bisogna sempre puntare in alto. Chiudere la stagione senza nessun trofeo o comunque senza battagliare fino alla fine per molti rappresentava fino a qualche anno fa la normalità, adesso invece è considerato come un fallimento. 

Un fallimento in virtù dello scudetto vinto due anni fa, della semifinale di Champions conquistata lo scorso anno, ma anche per il fatto che da quattro stagioni a questa parte il Milan frequenta stabilmente i piani alti della classifica. Qualcosa di impensabile fino a non tanto tempo fa. Nell’era pre-covid, conquistare anche solo l’ultimo posto disponibile per la Champions era come vincere uno scudetto. Oggi, conquistare l’aritmetica qualificazione a quattro giornate dalla fine è una piccola consolazione dopo un mese con più dolori che gioie. 

Una stagione per molti da buttare via ma che, analizzandola a bocce ferme, non è stata poi così peggiore rispetto ad altre soprattutto del recente passato rossonero. Una serie di sfortunati e disastrosi eventi si sono messi di traverso ed hanno fatto sì che alcuni risultati che possono anche far parte della normalità in una stagione, pesassero come macigni.

Se solo qualcuno avesse provato a pensare alla stagione del Milan come la scenografia di un film drammatico, non avrebbe saputo disegnarla meglio.

Cominciamo dal rimpianto Champions con un girone che se prima sembrava di ferro, è diventato tremendamente alla portata tanto da tenere aperta la qualificazione fino agli ultimi minuti dell’ultima giornata. 8 punti conquistati, gli stessi del Paris Saint-Germain semifinalista e tre in meno del Borussia Dortmund, anch’egli semifinalista. Uscire da un girone con due delle quattro grandi d’Europa per dei dettagli fa male ma fa anche riflettere.

Anche l’eliminazione dall’Europa League, ai quarti, per mano della Roma è una scenografia tragicomica che porta il Milan alla seconda eliminazione europea consecutiva contro una rivale italiana. Singolare, no? Evidentemente per i rossoneri è una costante che si ripete più che frequentemente.

E poi arriviamo al culmine della stagione. Il derby della seconda stella. Che l’Inter avrebbe vinto lo scudetto lo sappiamo da mesi, che lo avrebbe fatto proprio nel derby in casa del Milan è uno scherzo del destino che inasprisce ancora di più la stagione rossonera. Sei derby persi su sei, scudetto vinto matematicamente dai cugini e seconda stella cucita al petto dopo una manifesta superiorità che inizia a diventare normale. 

Leggendo solo questi tre paragrafi e guardando solo l’ultimo periodo della stagione del Milan, chiunque direbbe che i rossoneri hanno fatto più di un passo indietro rispetto all’anno scorso.

In realtà non proprio tutto è da buttare e qualcosa si potrebbe anche salvare in vista della prossima stagione. Al momento – con quattro partite ancora da giocare – il Milan ha nove punti in più rispetto a quelli del 2022-23 a questo punto della stagione ma soprattutto ha già eguagliato i punti conquistati (70) nell’intero campionato scorso dopo 34 partite. E dopo 34 partite è arrivata anche la matematica qualificazione in Champions. Un’amara consolazione dopo le batoste subite. Anche questo però, soprattutto questo, può e deve far riflettere: se ciò che si cerca è la mentalità, questa è la strada giusta.

Milan: Fikayo Tomori (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)
Milan: Fikayo Tomori (Photo Credit: Agenzia Fotogramma)

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