Gerry Cardinale ha rilasciato la sua prima lunga intervista italiana a “7“, inserto settimanale del Corriere della Sera. Il Milan, il nuovo stadio, ma non solo: ecco le dichiarazioni del numero uno di RedBird.
“La foto in Piazza Duomo durante i festeggiamenti dello scudetto? Avevamo già definito tutto, ma avevamo deciso di non renderlo pubblico prima dell’ultima partita per non interferire. C’è un retroscena che nessuno sa: mio papà era solito mandarmi in Italia quando ero bambino. Ero qui nel 1982 quando gli Azzurri hanno vinto la Coppa del Mondo: guardavo Franco Baresi, Daniele Massaro, Paolo Rossi, avevo il loro poster in camera, ne dovrò parlare con Franco e Daniele! Andare in Duomo è stato come ripercorrere un momento emotivamente molto forte: una sensazione molto intima. Quella fotografia rivela il mio essere appassionato e non emotivo, c’è differenza. Le emozioni sono dei tifosi, la mia responsabilità mi impone autodisciplina. La Curva Sud è fantastica. I tifosi sono nostri partner, parte del patrimonio culturale del club: qui c’è una comunità, in America è diverso“.
Cardinale prosegue: “Perché il Milan? Prima di comprarlo, ho studiato per cinque anni oltre 200 club europei. Penso da sempre che sia uno dei 4-5 top club in Europa. Siamo qui grazie a quello che hanno fatto i nostri predecessori, Silvio Berlusconi, Gianni Rivera prima di lui, Sacchi, Baresi, Maldini… Per Berlusconi ho un enorme rispetto, era un grande visionario, i risultati parlano per lui. Ha portato il Milan al top poi è stato difficile tenere il passo perché il mondo stava cambiando, con una forte evoluzione nella fruizione dei contenuti e nelle tecnologie. Questa è una grande lezione, non si può mai riposare sugli allori. I club di calcio sono creatori di contenuti e come tali ne detengono la proprietà intellettuale: è un enorme potenziale da sbloccare per realizzare il loro vero valore. Ho cominciato più di 20 anni fa, quando lo sport era considerato un hobby per ricchi. La cosa che mi piace della proprietà intellettuale è che è resiliente, supera crisi finanziarie e pandemie, ma richiede un lavoro costante. Non basta presentarsi con i soldi e comprare: oggi i soldi li hanno tutti, bisogna avere idee innovative e un piano“.
Sul suo primo anno al Milan: “Non ho ancora fatto nulla. Sono entrato in punta di piedi, ho mantenuto l’organizzazione ereditata. Del resto, ho grande rispetto di Paolo Scaroni, scelto da Elliott che ha fatto un grande lavoro e che ringrazio: è così coerente con il mondo da cui provengo e al tempo stesso così milanista e autorevole. Una delle mie mosse migliori è stato portare al Milan Giorgio Furlani (ad) e Stefano Cocirio (direttore finanziario) che hanno lasciato Elliott senza controversie. Mi ha dato il tempo necessario per valutare cosa funzionava e cosa no. Questa è la prima stagione in cui metto mano al calciomercato, al progetto stadio e iniziamo ad applicare le nostre idee per valorizzare il brand. Il cambiamento del management in estate? In quel momento qualcuno aveva commentato: ‘Ecco, Cardinale non vuole spendere nel Milan’. Ma credete che investa 1,2 miliardi per guadagnarci subito? È un progetto a lungo termine: voglio vincere, ma non una volta sola, tante nel tempo. Nel calcio voglio essere un Berlusconi 2.0, avere il suo stesso impatto in un contesto completamente cambiato. Ora, con il più alto fatturato nella storia del Milan e un bilancio che si chiuderà in attivo per la prima volta dal 2006, affrontiamo una nuova fase: vogliamo essere i n.1, ma non possiamo riuscirci senza cambiamenti“.
Sulle polemiche per l’operazione con Elliott: “Spazzatura. La realtà è che alla proprietà RedBird fa capo il 100% del Milan: ha messo 600 milioni di capitale e controlla il 100% di quel capitale. Ho ritenuto che la continuità con Elliott fosse una virtù e perciò ho preferito un suo puro finanziamento, senza quote nel capitale, per 550 milioni ad un tasso di interesse molto interessante, che pagherò in tre anni. Avrei potuto raccogliere un miliardo cash, avrei potuto coinvolgere banche terze, ho scelto di farlo con Elliott, perché ho un enorme rispetto per Paul e Gordon Singer. È stato un modo intelligente di comprare il Milan: certezza, rapidità, la possibilità di assicurarmi continuità per partire forte“.
Sul modello Moneyball: “È cruciale capire che i dati sono solo uno degli strumenti nella nostra cassetta degli attrezzi. Da quello che leggo sembra che se sei un esperto di dati allora vuol dire che non fai bene lo scouting. È ridicolo. Moneyball è stato scritto 20 anni fa, oggi tutti utilizzano i dati ma nel nostro portafoglio c’è un’azienda di analisi con 13 ricercatori del Mit. Il calcio europeo non è il baseball, richiede un diverso livello di sofisticazione e noi crediamo di essere all’avanguardia“.
Sul calcio italiano: “La cosa che più mi ha colpito in questo primo anno è vedere la distanza con il Chelsea nelle due sfide di Champions. Perciò ho voluto un Milan più fisico, più veloce, più intenso, nelle prime partite si è visto. Farò di tutto per avere un club vincente, ma come partner della Serie A dobbiamo augurarci pari impegno per ridurre il gap di tutto il campionato con la Premier. Per riuscirci bisogna cambiare. Io credo di poter contribuire, ho 30 anni di esperienza, ho lavorato coi migliori. I partner di aziende nel nostro portafoglio sono Apple, Amazon, Paramount, Disney, Espn, Fox, ho trovato strade innovative per massimizzare il valore del prodotto. Sono deluso che la Serie A non ne abbia tenuto conto. Io ho dato la disponibilità a condividere le mie esperienze, ma nessuno sembra ritenerle rilevanti“.
Sul nuovo stadio: “I presupposti sono incoraggianti. Con il benestare del Comune di San Donato e della Regione, che ringraziamo, abbiamo già svolto diverse sessioni molto produttive. La nostra proposta è supportata da un volume imponente di relazioni tecniche: sarà uno stadio all’avanguardia, a 10 minuti di metro dal Duomo, porteremo eventi dal vivo, artisti di fama mondiale suoneranno lì. Un’opportunità mancata per Milano, con nostro forte rammarico, perché ho maturato grande stima per il sindaco Sala. Sono deluso soprattutto perché ci sono state alcune minoranze pregiudizialmente contrarie, che hanno sbarrato la strada anche al progetto a La Maura. Sarebbe stato l’impianto sportivo più verde al mondo, con l’85% dedicato al verde e solo il 15% di area cementificata. Pentito di aver investito qui? No, qui mi sento a casa. Quando abbiamo comprato il Milan, in America mi dicevano: ‘Siete pazzi, non potete fare affari in Italia. C’è la burocrazia, c’è la politica’. E quando ho pensato di costruire un nuovo stadio, mi è stato detto: ‘Scordatelo. Hai visto cos’è successo a Roma?’. Ma, a parte che sentirmi dire che non riuscirò a fare una cosa aumenta la mia determinazione, io vedo l’Italia con occhi diversi, penso che gli italiani siano collaborativi e aperti al dialogo. Mi piacerebbe investire di più qui. Quando costruiremo il nuovo stadio sarà un progetto da un miliardo e sarebbe un bel segnale se fosse sostenuto anche da capitali italiani. Sarebbe una risposta a chi sostiene che in Italia non si può fare impresa“.
Sui suoi hobby: “Oggi vogo più sulla macchina e gioco a tennis, che mi interessa come investimento per RedBird. Ho un ottimo rapporto con Novak Djokovic, grande tifoso del Milan“.