Dopo la cocente sconfitta nel derby di Milano contro l’Inter e quella contro lo Spezia la settimana prima, sono giorni difficili in casa Milan. Un crollo fisico e mentale che – per i più – ha messo in discussione tutto quello che di buono era stato fatto da un anno a questa parte. Gioco, risultati e certezze ritrovate, avevano aiutato la banda di Pioli a rialzarsi ed a tornare a lottare nelle parti alte della classifica.
L’ultimo periodo non positivo ha azzerato tutto o quasi e adesso ci si interroga su quello che sarà il futuro del Milan. L’ipotesi del cambio modulo lanciata dalla Gazzetta dello Sport nell’edizione di ieri ha aperto ad un possibile nuovo scenario in casa rossonera.
Risolvere i problemi dell’attacco – Ibrahimovic un po’ troppo isolato nelle ultime partite – e quelli della difesa, con maggiore equilibrio e sostegno rispettivamente da parte del trequartista e degli esterni. Quale sarebbe la soluzione per ovviare a questi problemi? La risposta è divisa tra il 4-4-2 “sacchiano” o un 4-3-1-2 stile Giampaolo che ha fatto storcere il naso a tutti i tifosi nella prima parte di stagione scorsa.
Cosa cambierebbe rispetto al 4-2-3-1 sposato da Pioli? Andiamo ad analizzare i pro e i contro dei moduli.
Sicuramente la prima cosa che salta all’occhio è l’utilizzo della doppia punta. Due centravanti che attaccano l’area di rigore e più soluzioni offensive possibili per Ibrahimovic ed il suo eventuale partner. Già, perché il primo posto da titolare sarebbe quello occupato da Zlatan e poi uno a giro, a seconda delle caratteristiche e della partita, tra Mandzukic, Rebic e Leao. Più possibilità di scelta certo, ma anche più probabilità di utilizzare poco e male il materiale a disposizione di Pioli. Andare a capire quale sarebbe la partita perfetta per Rebic, quale per Leao e quale per Mandzukic sarebbe sì stuzzicante ma anche molto complesso ed il rischio di sbagliare scelta e, conseguentemente, esporsi alle critiche dei tifosi è dietro l’angolo.
Discorso a parte per il trequartista, perno nel 4-3-1-2 ma sacrificato nel 4-4-2. Il ruolo di Calhanoglu, in alcune partite e quando era al top della forma, è stato l’arma in più di Pioli ed una vera e propria chiave di volta per le gare in cui il Milan era in difficoltà. Con il 4-3-1-2, come detto, il turco sarebbe l’elemento centrale a supporto delle due punte, mentre con il 4-4-2 perderebbe la sua essenza di anello di congiunzione tra centrocampo e attacco e sarebbe utilizzato al massimo come “sotto punta” in una coppia meno pesante ma più tecnica.
Per quanto riguarda invece il centrocampo e gli esterni, la novità sarebbe la doppia mezzala da affiancare al regista nel 4-3-1-2 o i due esterni a tutta fascia nel 4-4-2. Nel primo caso l’incognita è proprio quella che riguarda le due mezzali con qualcuno che si ritroverebbe a ricoprire un ruolo non del tutto suo. Nel secondo caso non si perderebbe lo “schermo” fatto da Kessie e Bennacer o Tonali ma sarebbero da valutare le fasce con Saelemaekers a destra ed uno tra Leao e Rebic “sacrificati” al mero ruolo di esterno, cosa che molto probabilmente non gli competerebbe al 100%.
Venendo infine alla fase difensiva, il reparto arretrato a 4 non dovrebbe subire modifiche eclatanti nella sua interezza tra centrali e terzini ma perlopiù ricevere supporto dagli eventuali esterni (in caso di 4-4-2) o dalle mezzali (in caso di 4-3-1-2).
Pioli dunque valuta il da farsi, cambiare modulo o continuare con quello che, finora, ha fatto le fortune rossonere. Le idee sono tante, ma vale davvero la pena “stravolgere” qualcosa che ha funzionato ed aggrapparsi ad un’incognita?