L’ex rossonero Javi Moreno in un’intervista a La Gazzetta dello Sport ha parlato della sua esperienza al Milan, durata una stagione. Di seguito le parole di Javi Moreno.
Sulla trattativa coi rossoneri
“C’erano anche Lazio e Roma su di me. Scelsi il Milan grazie all’intermediazione di Ernesto Bronzetti (scomparso nel 2016, ndr), uno dei migliori sulle trattative Italia-Spagna. Lui portò il mio nome sul tavolo di Galliani e Braida, da quel momento Milan mi venne a vedere per tre-quattro partite di campionato a mia insaputa. Feci bene e mi presero per 30 miliardi di lire, non poco”.
Se sentiva il peso del suo cartellino
“No, volevo solo dimostrare di essere all’altezza di un club prestigioso come il Milan. Lo seguivo già dai tempi di Gullit, Rijkaard e Van Basten, per me era un onore vestire quei colori”.
Sul primo giorno in spogliatoio
“Un disastro. Arrivai a Milanello in tuta e con le scarpe da ginnastica. Indossavo anche mutande da bambino, quelle con elefanti e giraffe. Gli altri miei compagni, invece, si presentarono tutti con vestiti firmati, da Armani a Dolce & Gabbana, Costacurta era in smoking. All’inizio non capivo. In Spagna ero abituato a vestirmi sportivo, anche per stare comodo in autobus. Per cambiarmi cercai di togliermi tutto insieme, in modo da far vedere il meno possibile tutti i miei indumenti. Una volta tornato a casa, convinsi mia moglie ad accompagnarmi il giorno dopo al centro commerciale per rifare l’armadio. Quanta bella roba che avete voi in Italia. Gattuso, Rui Costa, Maldini, Albertini, questi erano alcuni componenti di quel Milan. Mi è bastato vederli la prima volta per capire la dimensione del club. Il secondo giorno mi presentai a Milanello con jeans e camicia: avevo 27 anni, non ero ancora del tutto maturo”.
Sui compagni con cui ha più legato
“Ho fatto grande amicizia con tutti, specie con Gattuso, Sebastiano Rossi e Marco Simone. Vivevo con Pirlo vicino a Gallarate, anche se spesso andavo a Milanello in macchina con Rui Costa”.
Su Terim e Ancelotti
“Terim grande allenatore e persona. Venne esonerato dopo dieci giornate, ma negli allenamenti ci metteva l’anima. Mi diede diversi consigli per migliorarmi, spronandomi anche nei momenti in cui trovavo poco spazio. Carlo mi parlava tanto. A livello di gestione del gruppo è un maestro: sa quando e come parlarti in base al momento del singolo e della squadra”.
Su come valuta la sua esperienza rossonera
“Non troppo positivo, ma neanche così negativo. Nell’estate in cui sono arrivato era andato via Bierhoff, qualcuno pensava fossi il suo naturale sostituto. Lui era un fenomeno. Segnai subito all’esordio in Coppa Uefa contro il Bate Borisov, sia all’andata che al ritorno. Il rapporto che avevo con quel torneo era speciale, non so perché: bastava una mezza palla buona per esaltarmi. Giocavo in coppia con Josè Mari, a volte Sheva, o unica punta con dietro Rui Costa a imbucarmi, che ricordi. In campionato feci una doppietta al Venezia, così come alla Lazio in Coppa Italia, quarti di ritorno all’Olimpico. Avevo segnato anche all’andata. Poi contro la Juve uscimmo in semifinale, anche lì segnai nella gara di andata”.


