Milan-Liverpool ha sancito l’eliminazione da ogni competizione europea per i rossoneri. Nonostante il vantaggio iniziale, la squadra di Pioli ha sofferto l’intensità dei reds, che hanno affrontato la gara con la mentalità giusta, ritrovata negli ultimi anni. La differenza tra i due club, è purtroppo ancora sostanziale, ma le assenze hanno sicuramente influito. Infatti, giocare senza Leao e Rebic toglie imprevedibilità e brio alla squadra, lasciando il mister senza alternative di gioco. Il girone era estremamente difficile, la quarta fascia è davvero determinante, perché è chiaro che comporta avversarie con più forti e di esperienza, nelle ultime stagioni. Il Milan ci ha provato a tirare fuori il DNA europeo, lo ha fatto nelle due gare contro l’Atletico, e nella gara d’andata a Liverpool, ma non è bastato. Analizzando le varie partite, il diavolo ha spesso peccato di consapevolezza, snaturando il proprio gioco (come ad Oporto), svolgendo un lavoro disordinato. E forse, la pecca più decisiva, sono state le zero reti degli attaccanti centrali: Ibrahimovic e Giroud.
Ancora una volta, è Champions indigesta per il numero 11, Zlatan Ibrahimovic. Lo svedese, ha chiuso a secco nella competizione più importante, e, seppur in campionato continui a dominare, il suo apporto europeo è nullo. Nelle sue quattro presenze, il classe ‘81 ha sofferto l’intensità del gioco avversario, la velocità dei difensori avversari, e soprattutto il modo di difendere (aggressivo e con difesa alta) delle squadre europee. Nonostante fosse in forma, senza alcun problema fisico, le sue caratteristiche non sono sembrate ideali per affrontare queste gare. Nei due match contro il Porto, apparentemente più semplici, è stato pericoloso solo in un paio di occasioni. Mentre ieri, è stata una vera e propria serata buia. Nei piedi, in un paio di occasioni, ha avuto la possibilità di segnare, ma nella prima occasione non ha calciato, mentre nella seconda, la sua girata, è terminata larga. Ma ciò che fa riflettere, è l’aver perso quasi tutti i duelli fisici. Quando Zlatan gioca in campionato, è dominante sotto tutti gli aspetti, mentre fuori è opaco, impalpabile.
Klopp, ieri ha dichiarato: “Nonostante non abbia smesso di giocare, Ibrahimovic si può già considerare una leggenda”. Ed è così, è innegabile. La sua fame, l’adrenalina che mette in campo, lo porta a superare i suoi limiti. Ma la sua storia dice che, in questa competizione, probabilmente troverà mai fortuna. Come quando lasciò l’Inter per conquistarla con il Barcellona, e proprio dopo il suo addio i nerazzurri vinsero (2010). Oppure quando giunse al Milan con l’obiettivo di vincere tutto, cosa che invece fecero i blaugrana dopo averlo salutato (2011). Nel calcio serve anche fortuna, ed ognuno cerca di costruirsela. Tutti siamo certi che lui non abbia rimpianti, perché se a quarant’anni affronti ogni gara una tale determinazione, vuol dire che ti senti invincibile. Però la realtà, spesso, ti sbatte in faccia la verità: a questi livelli, nonostante un fisico scolpito in pietra, non puoi pensare di prevalere. La dirigenza, sicuramente non si farà trovare impreparata, e l’anno prossimo – si spera – Pioli avrà in mano una squadra più elastica e flessibile, soprattutto lì davanti, dove serve concretezza e cinismo.