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Ibra e la numero 9 per un’ultima sfida che vale un decennio

Durante la conferenza stampa di presentazione il faro svedese si presentò con la frase “dopo tanti anni ho bisogno di nuovi stimoli, cerco sfide ovunque: è così che vivo”. D’altronde è lo stesso giocatore volato in Premier League dopo esser stato definito troppo vecchio per poter fare la differenza, quel Ibra che viaggiò in direzione Los Angeles per potersi sentire ancora vivo. Quel calciatore che a 38 anni firmò con il Diavolo per mettersi ancora alla prova, quando molti suoi colleghi – anche molto prima – si fiondano negli Emirati Arabi o in Cina per esser ricoperti d’oro. Zlatan invece no. Si sa, la sua carriera lo insegna. L’aspetto economico ovviamente conta, ma non talmente tanto da far passare in secondo piano la sua sete di vittoria. Ed ecco che, alla bellezza di 38 anni e 237 giorni (che coincide con l’inizio della stagione rossonera 2020/2021), il bomber di Malmö potrebbe calarsi nell’ennesimo duello con sé stesso. O, più precisamente, con la maglia numero 9 del Milan, che potrebbe essere la prossima sulle larghe spalle di Z.

Un’ultima sfida insieme

Uno tra i bracci di ferro più difficili, quello della 9. Si sono arresi anche il veterano Higuain e la promessa Piatek, tanto per citarne due. Ma Ibra è fatto di tutt’altra pasta, così come il Milan da Gennaio in poi. Rispetto alla squadra di Gennaro Gattuso che, nonostante aver sfiorato di un soffio l’impresa Champions, non riusciva a coinvolgere a pieno tutto l’organico, specie il centravanti, con Stefano Pioli sono tutti al centro del gioco e ne ha beneficiato soprattutto il reparto d’attacco. Ibra e Rebic, “arrivati” entrambi a Gennaio, sono in doppia cifra di gol. Leao è a quota 6 ma il campo non lo ha mai calcato per 90 minuti pieni e Calhanoglu, dopo mesi di appannamento, ha sfiorato la doppia cifra sia di reti che di assist. In poche parole, nel Milan 2020 di Pioli la prima punta non è più quel giocatore che tocca tre palloni a partita e viene isolato dal resto del gruppo, è quello che riesce a segnare o, al limite, a servire l’assist. Ed è circondato da ragazzi in grado di fare calcio e determinare. Non un aspetto banale, che si tratti dell’occasione giusta per sconfiggere la maledizione?

Con Zlatan può funzionare

C’è poi un altro particolare da considerare. Mentre Higuain e Piatek erano preda della concorrenza di Cutrone e Leao, Ibra può e riesce a giocare a mente completamente libera. Un po’ perché è Ibra e non è facile sostituirlo, un po’ perché è l’unico vero centravanti ed il suo rimpiazzo sta nell’adattare Rebic e Leao, che Pioli considera un esterno. Si sa che la prima scelta ricadrà sempre nello svedese, che quindi avrà il tempo materiale per metabolizzare e prepararsi sempre con tranquillità al match successivo, senza pensare a chi potrebbe scalzarlo. Il fattore psicologico è proprio la differenza tra ‘Benjamin Button’ ed i suoi predecessori, uno dopo l’altro risucchiati dal medesimo vortice. Se la scelta finale ricadrà sulla 9 non è ancora chiaro, ma con Ibra si potrebbe davvero interrompere un tabù lungo quasi un decennio.

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