Tredici anni fa, il 2 Maggio 2007, la partita perfetta. In un San Siro strapieno il Milan batteva 3-0 il Manchester United e si guadagnava la finale di Champions League. Uno dei protagonisti di quella magica notte fu Alberto Gilardino che si è raccontato sui canali social rossoneri. Ecco le sue parole:

Sulla partita d’andata: “In quella stagione giocai tante partite fuori casa in Champions. Massimo ha detto una cosa giusta, il gol preso all’ultimo diede la consapevolezza a tutti noi dell’importanza di quello ci avrebbe aspettato a San Siro e si creò un qualcosa di grandioso insieme ai tifosi che poi riempirono lo stadio per quella serata“.

La sera prima ed il tragitto verso San Siro: “Mi ricordo la sera prima che dormii pochissimo. Era la prima volta che facevo parte di una squadra che si giocava la semifinale di Champions. Già nei giorni prima si respirava una certa adrenalina. Noi da Milanello a San Siro ci mettevamo 40-45 minuti e quella sera un oceano di folla ci accompagnò verso lo stadio“.

Su cosa gli ha detto Ancelotti prima di entrare in campo: “Il mister era bravissimo a gestire i momenti e le partite prima che iniziassero ed altrettanto bravo a stimolare con le parole giuste i giocatori che dovevano subentrare. Mi aveva incoraggiato a fare gli ultimi 20-25 minuti alla grande ed io entrai con grande carica e grande voglia di dimostrare. Poi ci fu quell’opportunità e per fortuna andò bene“.

Il gol del 3-0: “Credo di non aver mai fatto una cavalcata così lunga con la palla al piede. E’ stata una situazione talmente veloce che mi sono trovato lì davanti e sono stato freddo nel fare il tiro in porta“.

L’esultanza: “E’ stata una liberazione perché volevo segnare ed essere determinante in quella partita. Così è stato grazie all’assist di Ambrosini e alla prestazione della squadra di quella serata“.

Su Kakà: “In quel momento era all’apice della sua carriera, era il più forte di tutti. Riusciva ad abbinare velocità, potenza e tecnica insieme, una cosa molto difficile. Tutto il centrocampo che avevamo all’epoca però era fortissimo. Pirlo, Ambrosini, Gattuso e Seedorf, bastava che si dessero un’occhiata e riuscivano ad adattarsi nel modo migliore in campo. Quella è stata una delle fortune del Milan di quegli anni“.

Sugli insegnamenti di Ancelotti da allenatore: “Mi sono portato dietro sicuramente la sua serenità, la sua pacatezza. Non che non si arrabbiasse mai o non alzasse mai i toni, ma la sua natura era un’altra. Anche la disponibilità nel parlare, nel rapportarsi con i giocatori, una cosa che non ha fatto solo al Milan ma ovunque sia andato ed ovunque abbia vinto. Queste sono qualità che hanno in pochi“.

La gioia al fischio finale: “Per me quella serata è stata come vivere un sogno. Sin da bambino giochi a calcio per divertirti ma anche e soprattutto per ottenere degli obiettivi e per giocare quel tipo di partite. E’ stata una cosa incredibile, mi ricordo che dopo la partita festeggiammo parecchio, fu una serata che ci ricordiamo ancora molto bene“.