La Uefa punisce e il Tas di Losanna. I contenziosi sul Fair Play Finanziario seguono tutti la stessa trama: l’organo europeo del calcio rileva irregolarità e emette sentenze dopo indagini, spesso approssimative o basate su fughe di notizie, mentre il massimo organo giudiziario sportivo rileva che non ci sono elementi sufficienti per procedere, come successo con il Manchester City ieri, riammesso alle coppe per la prossima stagione. Questo è proprio il punto di partenza dell’editoriale di Arianna Ravelli sul Corriere della Sera di questa mattina.
Il dito viene puntato soprattutto su come è costruito il FPF, limitare l’imprenditoriale e acuire la differenza tra top club e quelli minori, senza libertà di manovra. Poi se ci mettiamo società multinazionali come lo stesso City e il Psg che gonfiano le proprie sponsorizzazioni, spesso fittizie (questa l’accusa), il gioco è fatto. In Italia Inter e Roma hanno dovuto subire parecchi controlli, ma il FPF si è abbattuto solo sul Milan, in maniera comunque poco chiara.
Nell’estate 2018 stesso precedente del Manchester City: la Uefa estromette il Milan dall’Europa League e il mese dopo il Tas lo rimette dentro. Colpa dei conti rossi lasciati da Yonghong Li, ma il subentro del fondo Elliott dava garanzie. Garanzie non rispettate però nel corso del bilancio successivo. Estate 2019: Milan escluso nuovamente dalle coppe. Questa volta niente ricorso, una specie di patteggiamento per sistemare il passato. A onor del vero Losanna aveva smentito i principali punti di accusa di Nyon: dal business plan alla continuità aziendale a rischio.
