Ancora tre giorni ed è già tempo di voltare pagina. Una pagina che molti cuori rossoneri avrebbero piacere a rileggere solamente i versi finali, di una poesia iniziata nel peggio dei modi e, grazie al cielo (e Pioli), conclusasi con un sospiro di sollievo. Se per un momento isolassimo il rettangolo di gioco, cosa rimarrebbe? Dodici mesi simili ad un thriller in cui l’attore principale risponde al nome di Ivan Gazidis. Il sudafricano ha costruito e disfatto a suo piacimento, a prescindere se colui che si trovava davanti era un Maldini o un Boban, e per una manciata di mesi non rischiava di demolire ciò che era sul procinto di nascere (o risorgere). Il peggio ormai è alle spalle, ma questa turbolenta stagione è l’ennesima dimostrazione che c’è un motivo se gli altri viaggiano ed il Milan rimane sempre aggrappato a quella speranza che ogni anno vede puntualmente dissolversi.
Tra Boban e Rangnick ha vinto Pioli
Ad una stagione già iniziata male, ci ha pensato Boban – ma con le sue buone motivazioni – a gettare benzina sul fuoco. Dopo quelle dichiarazioni alla Gazzetta dello Sport, ecco avvicinarsi sempre più il fantasma di Rangnick, un’ombra che perseguiterà Stefano Pioli fino al 21 Luglio. Sì, perché mentre l’ex Lazio ed Inter provava a svoltare contro il Lecce, già si parlava di preaccordo. E mentre Romagnoli e compagni si preparavano alla finale di Coppa Italia contro la Juventus, a Londra si discuteva su quanto denaro affidare al tedesco per la campagna acquisti estiva. Inaccettabile. Possibile, ma con la dovuta trasparenza. Invece, non c’è stata nessuna smentita ufficiale. Ma a mettere la ciliegina sulla torta ci ha pensato Sassuolo-Milan, in cui improvvisamente giungono voci di rinnovo ad un passo tra Rangnick ed il Lipsia e, dopo il match, arriva l’ufficialità del prolungamento di contratto a Stefano Pioli. Tanto bello, meritato e gratificante quanto clamoroso e, dal punto di vista della proprietà, vergognoso.
Manica larga con Ibra, una strategia controproducente
Altro punto da non dimenticare, il trattamento riservato a Zlatan Ibrahimovic. Quando mai un giocatore del Milan si è allenato con un altro club durante le vacanze? Quando mai la proprietà si è lasciata sottomettere dalle richieste dei propri giocatori? Chiedetelo a chi ha permesso tutto questo. Ed oggi, sperando si trattino delle ultime ore di attesa, il Milan non ha ancora trovato un’intesa con l’elemento che considera il più importante di tutti, da dover trattenere ad ogni costo. Triste da raccontare, a tre giorni dal raduno. Ma ancora una volta il problema è a monte. Poco polso, inesperienza e troppa confusione. La vicenda Ibrahimovic è solo un esempio ed una prova della fragilità che il fondo americano ha dimostrato in questi mesi. Ad ogni modo, la speranza è che, un passo alla volta, si possa tornare dove si merita. E non si tratta certamente di un sesto posto, con infiniti cambiamenti societari e la confusione che la fa da padrona.
