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Eh sì caro Zlatan, non è più il Milan che conosci tu

Eh sì caro Zlatan, non è più il Milan che conosci tu. Quando lo svedese è arrivato per la prima volta a Milanello alla guida c’erano Silvio Berlusconi e Adriano Galliani. Un’organigramma societario solido, ben definito, che non lasciava che si parlasse del club dovunque e con qualsiasi tono e i panni sporchi venivano lavati in casa. Ora è chiaro più che mai, come MilanPress.it aveva analizzato nei giorni scorsi, che esistono due Milan: uno societario e uno di campo. Slegati completamente, quasi in contrapposizione. Ognuno per la sua strada e che, meno entrano in contatto, meglio è.

Sede distaccata

La scena di ieri a Milanello assomiglia a una resa dei conti. Come quando il grande capo di un’azienda arriva in una filiale da un’altra città. La delegazione dei calciatori, composta da Zlatan Ibrahimovic, Alessio Romagnoli, Asmir Begovic, Giacomo Bonaventura e Lucas Biglia, è andata a portare nell’ufficio del boss le lamentele dei dipendenti. Poco importa se arriva a due giorni dalla partita più importante della stagione, era l’unico momento per farlo, dato che l’amministratore delegato mancava da Milanello da quasi cento giorni. Non è un caso che al faccia a faccia si siano presentati i più anziani, i più esperti. Ma soprattutto quattro dei cinque, Romagnoli escluso, sono in scadenza di contratto e con tutta probabilità non rinnoveranno. Come a volersi levare dalle scarpe un macigno, non un sassolino, accumulato in questi mesi. Anche lo stesso Ibra, capo delegazione, dopo il confronto di ieri, rischia di aver scritto la parola fine sulla sua esperienza-bis a Milano.

La poca chiarezza e la totale divisione di intenti ha portato a questo. Gazidis lavora indipendentemente da quello che succede a Milanello, lo ha sempre fatto. Ibra ancora non ha digerito l’addio di Zvonimir Boban e quello di ieri è stato uno sfogo comprensivo anche di questo fatto. Nonostante quello che ha risposto il sudafricano, è palese come quest’ultimo mese e mezzo sia il tempo da passare insieme per forza prima di separarsi. Come due parti che non vanno d’accordo.

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