La carriera di Carlo Ancelotti si può riassumere con una sola parola: vincente. Nonostante tutto però, all’inizio di un percorso è normale commettere degli errori, dalla quale poi imparare. Seppur possa sembrare strano anche un grande come lui ha commesso degli errori di cui poi si è pentito.
Di questo e di molto altro ha parlato nell’intervista rilasciata ai microfoni di “The Times“, famosa testata inglese. Ecco alcune delle sue dichiarazioni:
“Quando ho iniziato non ero così. Avevo un sistema che ho imparato al Milan da Arrigo Sacchi: il 4-4-2. E per questo ho rifiutato Roberto Baggio al Parma, perché lui voleva giocare da numero 10, ma io no. All’epoca era uno dei migliori del mondo e l’ho rifiutato perché volevo giocare con due attaccanti… È stato un errore. Avere una sola identità della propria squadra è un limite. Ad esempio, ricordo quando giocavamo in Champions contro lo Shakhtar Donetsk di Roberto De Zerbi, un’ottima squadra. Quello che stava facendo con i terzini e in diverse posizioni, era davvero buono. Ma ho detto ai miei di non pressarli perché era quello che volevano. Non abbiamo pressato e abbiamo vinto 5-0“.
Conclude poi spiegando il trucco per mantenere la calma: “Più urli, meno ti danno retta. Il punto chiave è la molta passione, ma non sono ossessionato dal mio lavoro. Non lo sono mai stato. Mi sono divertito molto, da giocatore, da allenatore, ma non divento matto. Certo, le due-tre ore prima della partita sono terribili e mi vengono brutti pensieri. Poi quando l’arbitro fischia l’inizio sono calmo, la paura si trasforma in ottimismo, i battiti del cuore scendono da 120 a 90 e qualsiasi cosa succeda mi sento in controllo“.
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