L’edizione odierna de La Gazzetta dello Sport ha intervistato Sergio Battistini, che ha giocato cinque stagioni al Milan negli anni ’80: “Ho esordito nel Milan a 17 anni e vivevo a Milanello. Solo nell’ultimo anno abitavo a Milano città: adesso è cambiata tantissimo, è diventata una metropoli bellissima. Quando sono tornato con l’Inter, nel ‘90, con la spinta del Mondiale San Siro era nuovo. Mi fece effetto vedere una piscinetta nello spogliatoio. Pensavo: come siamo avanti. Ho conservato la maglia di Maradona. Rimane un ricordo troppo bello. Mi fece i complimenti perché l’avevo marcato bene senza falli. Era un’amichevole Milan-Boca nell’81, avevo 18 anni, ma forse lui non era al 100%, altrimenti era un problema. L’ho ritrovato al Napoli, con il Milan. Liedholm mi diceva: “Gioca nella tua zona, ma non marcarlo”. Infatti feci gol io. Partivo e lui non mi seguiva“.
Battistini prosegue: “Liedholm mi voleva regista largo. In pratica ero terzino destro, ma lui diceva così. Perché voleva la difesa alta. Baresi e Di Bartolomei centrali, Tassotti sull’altra fascia. Liedholm è uno degli allenatori più bravi e intelligenti che ho avuto: il più avanti, ci ha portato la zona. Per farmi stare tranquillo mi aveva battezzato regista largo. Ma dopo l’andata sono tornato a centrocampo. Ho segnato 5 gol, ma avevo un cattivo rapporto con Farina e mi hanno venduto alla Fiorentina. Io ed Evani eravamo arrivati insieme dalla Massese: avevamo 14 anni, costati 30 milioni di lire in due. Mi hanno venduto per sei miliardi. Buon investimento, direi“.
Ancora Battistini: “La retrocessione in B? A 16-17 anni non stavo a pensare ai problemi enormi che c’erano in società, a cosa era stato combinato con il calcio scommesse. Vivevo in un sogno. Vedevo a Milanello Albertosi arrivare con la pelliccia, a Rivera sformavo le scarpe: era un onore per me. A quei tempi i materiali per le scarpe erano diversi, quelle nuove andavano usate prima per prendere la forma e toccava ai ragazzi metterle per i titolari e avere le vesciche. E ricordo ancora il debutto in Coppa Italia accanto a questi campioni. La seconda retrocessione fu dura, la squadra era buona. Avevo 18 anni ed ero nei 40 per il Mondiale ‘82, poi vinto. Ma quell’annata storta mi costò l’ingresso nei 22. La Mitropa Cup? L’Est era sotto l’influenza sovietica. Mondo sconosciuto per noi occidentali, uscivamo di sera e non c’era nessuno. Campi fangosi e buio alle 4. Dicevamo: dove siamo capitati?“.
