HomeIn evidenzaPaolo Maldini: ora la svolta, ma sempre di classe

Paolo Maldini: ora la svolta, ma sempre di classe

Se pensi a Paolo Maldini calciatore immagini subito la classe insita in una persona, quelle movenze da atleta sopraffino, l’intelligenza tattica, il senso della posizione. Se pensi a Paolo Maldini dirigente vedi un uomo che, a 54 anni, ha ricevuto in dono l’onere e l’onore di dover guidare per mano il suo Milan alla rinascita. Un impegno grande, forse più grande anche dello stesso Paolo, ma il diretto interessato ora ha una grande occasione: dimostrare che tutto è possibile e diventare un punto di riferimento.

Paolo Maldini, un dirigente non nato

Paolo Maldini non è nato dirigente. Era nato calciatore senz’altro, tanto che la sua gavetta è stata giocare titolare nel Milan da quando ancora non aveva la maggiore età. Ma no, non è nato dirigente. E questo si percepisce: dal 31 maggio 2009, giorno della sua ultima gara da calciatore, al 5 agosto 2018, giorno del suo ingresso nell’organigramma societario del Milan come direttore dello sviluppo strategico dell’area sport, sono trascorsi nove anni, cinque mesi e due giorni.

Un’eternità, per chi era abituato a giocare costantemente e ha messo in saccoccia 26 trofei. Da dirigente, ad oggi, la casellina riguardante titoli vinti è miseramente vuota: zero. Certo, è entrato in carica solo il 14 giugno 2019, quando venne nominato direttore tecnico in sostituzione del dimissionario Leonardo, ma ad oggi ancora nulla. 

La possibilità di diventare una leggenda anche da dirigente

Ora, però, Paolo ha la concreta possibilità di diventare leggenda anche da dirigente. Perché se riuscisse a costruire un nuovo Milan vincente, in appena tre anni di regno, questo lo proietterebbe nell’Olimpo anche dei direttori. Ma per farlo, dopo aver ingerito pillole amare anche in sede di acquisti (Mandzukic e Meité sono i ricordi più freschi della scorsa campagna acquisti invernale, mentre in estate gli acquisti di Ballo-Touré e Pellegri per ora ancora non convincono), ma avendo anche messo a segno colpi da non sottovalutare (Leao, Theo Hernandez, Bennacer, Tomori e Kjaer su tutti), ora non dovrà più sbagliare. Basta scommesse alla Duarte, servono certezze. O solide realtà, come recita uno spot televisivo.

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