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Boban accusa Gazidis, Maldini si difende da Rangnick: ma qualcuno ha pensato a Pioli?

Più che al Milan sembra di essere nel Far West. Dopo le dichiarazioni rilasciate alla Gazzetta da Zvonimir Boban – comprensibili, ma ad ogni modo inappropriate e controproducenti -, ora è il turno di Paolo Maldini. Il DT rossonero infatti non ha esitato a difendere il suo ruolo e a dare una lezione di stile a quello che con ogni probabilità dovrebbe diventare il suo successore, ovvero Ralf Rangnick: “Parlando di un ruolo con pieni poteri gestionali sia dell’area sportiva che di quella tecnica, invade delle zone nelle quali lavorano dei professionisti con regolare contratto. Avrei dunque un consiglio per lui: prima di imparare l’italiano dovrebbe dare una ripassata ai concetti generali del rispetto”.

Insomma, anche in questo caso una considerazione legittima e sulla carta corretta. Se non fosse che a risentire di queste frizioni interne, come successo lo scorso febbraio dopo la sparata di Boban, sono quei soggetti che – Covid permettendo – tra un mese dovranno tornare in campo per concludere una stagione già incasinata e disastrata per altri noti motivi. E ovviamente anche quello che li gestisce e li schiera, Stefano Pioli. Dunque la domanda sorge spontanea: in questo particolare e delicatissimo momento storico, per il bene del Milan che rappresenta da più di un trentennio, Maldini – se proprio voleva togliersi il sassolino dalla scarpa – non avrebbe fatto meglio a farlo difendendo la posizione del tecnico più che la sua?

A dire il vero un riferimento – anche se non troppo esplicito – nei confronti del mister c’è. L’ex capitano infatti parla di “colleghi che, malgrado le tante difficoltà del momento, stanno cercando di finire la stagione in modo molto professionale”, ma il suo nome non viene mai fatto. Questa volta, come la scorsa da Zvonimir Boban. In una polveriera dove ognuno prova a difendere il proprio orticello, Pioli rimane lì, solo e abbandonato nonostante una professionalità e un’eleganza d’altri tempi. Difficile immaginare come potrà configurarsi questa ripartenza, con un tecnico ormai scaricato e delegittimato e il sostituto che da un altro Paese professa come se già indossasse la casacca rossonera. A badare ad un gruppo di ragazzotti – chi più, chi meno – svagati e un veterano dalla personalità tutt’altro che mansueta, con il dubbio-rinnovo nella testa da tre mesi.

C’è quasi da augurarsi che non si riparta. Oltre che per la sicurezza e la salute di tutti i soggetti coinvolti, per il bene del Milan. E per il rispetto di un signore, in tutti i sensi, come Stefano Pioli.

 

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