Tutto il 2021 è stato un anno scostante per i rossoneri. 8 sconfitte, 6 pareggi, 10 vittorie, in tutte le competizioni, bottino pieno dunque solo nel 45% delle partite. Anche le prestazioni sono state altalenanti e ad onor del vero, all’interno dello stesso match talvolta anche la luce è stata intermittente.
La concausa sono molteplici. Gli infortuni muscolari, decisamente troppi, gli impegni ravvicinati tra coppe e campionato con una rosa imperfetta, e la pressione che via via si è alzata e si sta alzando, mentre era di fatto assente nelle primissime battute della stagione.
Assieme a questi elementi tuttavia c’è da considerare il lavoro importante di Pioli e il suo staff a livello tecnico tattico, che anche nei momenti di emergenza ha saputo preparare e imbastire un 11 credibile. A livello fisico e atletico però a questo Milan, da gennaio ad oggi qualcosa è mancato. La capacità di aggredire le partite è via via mancata e con essa anche quella sfrontatezza e convinzione che nel 2020 ha fatto superare quasi qualsiasi ostacolo.
Nella testa e nelle gambe si insinua qualche incertezza. Nei 90 minuti non c’è più quell’intensità costante che fanta differenze ha fatto da settembre a dicembre. Si intravede una sinistra somiglianza con l’impossibilità a livello societario di poter prendere decisioni chiare ed univoche. I rinnovi dei contratti in scadenza sono ancora tutti lì da ratificare, Ibra a parte, così come quelli il cui termine è giugno 2022. L’azzardo Super League sembra non aver seguito e dunque quella difficoltà ad affondare il colpo decisivo la si nota in campo e anche ai piani alti.
Spesso c’è corrispondenza tra calcio giocato e la sua relativa programmazione. Ormai titubare non si può più, ne con amministrare e dirigenti, ne con allenatore e giocatori. Dentro o fuori, non c’è più ne spazio ne scampo.