Continuità per tutta la stagione: questo serve a Davide Calabria per affermarsi a tutti gli effetti come uno dei terzini destri migliori nel campionato italiano, pronto a fare il titolare anche in Nazionale. Quella Nazionale che ha riconquistato dopo una lunga rincorsa ed un feeling mai sbocciato realmente con Roberto Mancini. Il cambio alla guida dell’Italia e l’arrivo di Luciano Spalletti ha portato novità e anche un ritorno in azzurro che purtroppo per lui non si è concretizzato per il problema accusato prima dell’intervallo a Lecce.
Edema da sovraccarico del flessore semitendinoso sinistro, escluse lesioni: questo il resoconto degli esami a cui si è sottoposto. Difficile pensare di vederlo in campo dal 1′, rischiando, contro la Fiorentina al rientro dalla sosta. Più probabile una panchina e una partenza da titolare nel match decisivo contro il Borussia Dortmund in Champions League. Ma come è arrivato alla pausa il capitano rossonero? Le ultime prestazioni sono state le più brillanti da tempo a questa parte e sono arrivate contro grandissimi avversari: Khvicha Kvaratskhelia e Kylian Mbappe.
Sia il georgiano che il francese hanno un passo diverso in accelerazione rispetto al numero 2 del Milan, ma proprio per questo motivo la marcatura del difensore è stata molto più attenta. Li ha francobollati per due partite e mezzo (metà a Parigi), aiutato dal raddoppio sistematico dei compagni, ma anche dalla sua qualità nell’uno contro uno difensivo.
Calabria, infatti, riesce nello stretto con i passi brevi a confrontarsi con avversari di primissimo livello grazie ad una solida lettura delle situazioni di gioco. Da non sottovalutare anche il suo apporto nella manovra offensiva che contro i parigini si è visto a lunghi tratti: sovrapposizione interne ed esterne, accentramento in mezzo al campo per ricevere il pallone in impostazione. Tutto materiale non da highlights, ma che nell’economia di una partita risulta fondamentale per la squadra.
Il capitano rossonero soffre maggiormente quando è chiamato a rincorrere con l’uomo alle spalle o in situazioni estemporanee. Per questo motivo l’impostazione tattica vista a San Siro contro il PSG è quella che al momento più lo aiuta a coprire i suoi difetti. Non un uno contro uno a tutto campo della squadra, ma una pressione più ragionata, scoprendosi meno.
Infine, una situazione nella quale quasi mai è mancato in questi anni di Milan, ovvero le parole davanti alle telecamere e l’atteggiamento in campo nei confronti di avversari o arbitri, sempre propositivo. Non solo le dichiarazioni nette dopo il 3-0 parigino, ma anche quelle, ad esempio, dopo la sconfitta contro lo Spezia nella famosa partita del caso Serra e il gol, mai esistito, di Junior Messias. Figlio del Milan in tutti i sensi.
