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Ambrosini: “L’impatto dell’arrivo a Milanello è stato forte. Avrei voluto e mi sarei meritato un addio diverso”

L’ex Milan Massimo Ambrosini ha rilasciato un’intervista a Radio Serie A in cui ha parlato del suo passato in rossonero tra l’arrivo, l’addio e qualche polemica. Queste le parole di Ambrosini:

Sull’ingresso a Milanello: “Posso anche raccontare l’uscita dei miei genitori da Milanello: ho un ricordo di quando vedo la loro macchina che si allontana, quello è stato il momento in cui ho detto ‘da qui inizia qualcosa’. L’impatto è stato forte, all’inizio mi chiedevo ‘Ce la faccio? È troppo grande per me?’. Poi vai in campo, entri, fai il pranzo, conosci i dirigenti. Poi entri in spogliatoio e trovi grandi giocatori, quello è stato l’inizio della mia favola. Primo giocatore che mi ha dato confidenza? Demetrio Albertini”.

Su Berlusconi: “Aveva 2-3 fisse calcistiche che esponeva ogni volta che veniva a Milanello, una delle quali sui calci d’angolo: secondo lui c’era uno schema infallibile, che prevedeva che su 10 calciatori in 5 stessero in area e in 5 fuori, quindi forse col portiere a battere (ride, ndr); poi i 5 dentro, ad un certo segnale, dovevano uscire dall’area e quelli fuori entrare, di fatto scambiandosi, e in questo incrocio gli avversari si sarebbero scontrati con chi entrava causando un rigore”.

Sullo striscione contro l’Inter del 2007: “Sono passati tanti anni. È stato un grosso errore, ma sono passati tanti anni. Tu pensi che chi va allo stadio adesso ha un’età media che gli consente di ricordarlo? O te lo raccontano o i ragazzi che hanno 20-25 anni all’epoca ne avevano 3-8, ormai è andato in prescrizione, anche perché ho giustamente pagato tanto”.

Sull’addio: “Il finale l’avrei voluto diverso, me lo sarei meritato diverso. C’è stata una gestione poco attenta: andavo verso i 37, era giusto che loro pensassero anche ad altro, era giusto che lo comunicassero in maniera diversa, ma il problema è stato soprattutto il dopo. Magari l’addio poteva essere comunicato con un’attenzione e dandogli un’importanza superiore a quella che mi è stata data. Per me non era concepibile, in quel momento, che io non continuassi al Milan, non c’era un’alternativa. Quando mi arriva la chiamata al mare in cui Galliani mi dice ‘Massimo mi dispiace, non c’è stato modo’ ero molto triste. Il mio sogno era arrivare a 500 presenze, mi sono fermato a 492, ma non è solo quello: ci tenevo a finire lì, nella mia testa il calcio era il Milan”.

Massimo Ambrosini - MilanPress, robe dell'altro diavolo
Massimo Ambrosini – MilanPress, robe dell’altro diavolo

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