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Capello ricorda Berlusconi: “Intitolare a lui lo stadio sarebbe un’ottima idea. E le discussioni su Savicevic…”

Tra i tanti tecnici rossonero avuti sotto la gestione di Silvio Berlusconi, sicuramente Fabio Capello si ritaglia una grande fetta di spazio per importanza. Oggi opinionista di Sky Sport, ha parlato così ai microfoni della Gazzetta dello Sport del suo Presidente, scomparso ieri all’età di 86 anni.

Mi è venuta la pelle d’oca. È come se fosse sparito uno di famiglia. Ha rappresentato un pezzo grande della mia vita. Anzi, me l’ha cambiata la vita, perché Berlusconi è stato fondamentale per la mia carriera. È stato un genio. Aveva visioni geniali. Ha inventato la tv privata dove avevano fallito Agnelli e De Benedetti, ha creato un partito in pochi mesi e ha vinto le elezioni, ha costruito una squadra che ha vinto in tutto il mondo. Come puoi definirlo uno così?“.

Sulla sua grandezza da Presidente: “Grande quanto Bernabeu? Per me anche di più, perché nel calcio di Bernabeu, in quegli anni, per il Real era più facile emergere. E poi Berlusconi non usava il denaro dei soci, ma il suo. Intitolare a lui lo stadio? Sarebbe un’ottima idea. Vediamo che ne penseranno i nuovi proprietari. Non credo che i tifosi si opporrebbero“.

Capello conclude: “Era un vero intenditore di calcio? Rispondo quello che diceva Liedholm: ‘Il presidente ha allenato l’Edilnord…’. Diciamo che aveva le sue passioni, come l’argentino Borghi. Lo sa che una volta mi propose di andare ad allenare il Como per farlo crescere e poi riportarlo al Milan? Gli risposi che preferivo restare nel settore giovanile rossonero, ma ho avuto sempre riconoscenza nei suoi confronti. Quando ero al Real Madrid e mi richiamò, andai dal presidente e gli dissi: ‘Mi lasci andare via, io a quell’uomo devo tutto’. Anche se fu un errore, non me ne sono mai pentito. Giocatore più amato da lui? Credo Van Basten. Quello che avrebbe voluto prendere? Direi Messi. Abbiamo mai discusso per il calcio? Sì, per Savicevic. Il presidente si lamentava quando lo sostituivo e io gli spiegavo che doveva sacrificarsi di più. Andò a finire che facemmo una riunione con Dejan e gli altri giocatori per dirgli che noi lo avremmo aiutato, ma lui avrebbe dovuto lavorare maggiormente per la squadra. Lo fece e sapete come è andata a finire“.

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