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La conferma di Pioli, decisione presa “a furor di logica”

Spesso nel calcio le decisioni prese “a furor di popolo” si rivelano le più sbagliate, ma in questo caso la conferma di Pioli è una decisione presa “a furor di logica” non a di popolo. Una volta tanto le due cose coincidono e dunque è stato giusto, anzi sacrosanto, rinunciare all’idea di una rivoluzione copernicana che avrebbe comportato un coefficiente di rischio elevatissimo. Se n’è accorto chi comanda davvero al Milan. E ha deciso di cambiare strategia obbligando lo stesso Gazidis a cambiarla. Lo stesso manager sudafricano, il cui primo vero progetto è stato soffocato prima di vedere la luce, avrà considerato il lato positivo della retromarcia della proprietà. Infatti, per come si sono messe le cose grazie all’incredibile filotto di vittorie di Pioli, se fosse arrivato Rangnick e le cose fossero andate male la prima poltrona a saltare sarebbe stata proprio quella di Gazidis. Dunque con un atto di buon senso e un po’ di sano opportunismo Gazidis ha sciolto l’accordo con Rangnick e ha confermato Pioli. Attenzione: i soliti trombettieri di corte ci diranno, anzi ci stanno già dicendo che il Milan non pagherà nessuna penale al manager tedesco e che non c’era nessuna firma su nessun contratto. Balle: il Milan riconoscerà a Rangnick, come è giusto che sia, l’indennizzo previsto nell’accordo firmato a gennaio. La testimonianza è fornita dalle parole soft dell’agente di Rangnick che, se non avesse raggiunto un accordo economico con Gazidis, avrebbe fatto fuoco e fiamme e invece si limita a dichiarare: “Non è ancora giunto il momento di venire a Milano”. Si tratta di una pratica diffusa tra gli allenatori, ce lo raccontava tempo fa Allegri. E faceva l’esempio di quando Benitez, bloccato dalla Juve, ricevette un indennizzo di 1 milione nel momento in cui Marotta prese Del Neri e poi pochi giorni dopo firmò con l’Inter.
Milione più milione meno tuttavia, poco importa l’indennizzo a Rangnick, quello che conta è che non venga a Milano a mettere le mani su un progetto che in un modo o nell’altro è partito e su una squadra che finalmente si può definire tale. Dentro e fuori dal campo. Ecco, il punto è proprio questo. La conferma di Pioli è il primo passo, ma non può essere l’unico. Quello che sta funzionando in queste settimane post lockdown è proprio il ritrovato spirito di gruppo. Un gruppo che si regge su determinati equilibri e su particolari alchimie. Per questo motivo se si vuole andare avanti così, non basta confermare Pioli. Ci ricordiamo il rendimento del primo Milan di Pioli? Poi è arrivato Ibra e la musica è cambiata. Piccolo inciso: della serata di Reggio Emilia non ci ha stupito la doppietta dello svedese, ma lo scatto di 40 metri al 93esimo minuto. Senza Ibra, Pioli avrebbe fatto la fine di tutti gli altri allenatori di questi anni rossoneri. Quindi non basta confermare Pioli, ma è necessario rinnovare anche allo svedese. E, sempre in quest’ottica, adesso non ha più senso rinunciare a uno come Bonaventura. Adesso non ha più senso vendere Donnarumma perché è vicino alla scadenza del contratto. Bisogna rinnovarglierlo a lungo anche a costo di riconoscergli un ingaggio principesco (ci si può consolare pensando a tutti i soldi risparmiati rinunciando a Rangnick). E’ dunque riduttivo parlare solo della “conferma di Pioli”, quella che si è ufficializzata a Reggio Emilia l’altra sera è la prosecuzione di questo progetto Milan, un progetto che deve avere un seguito anche a livello societario. Per questo motivo diventa indispensabile continuare anche con Maldini e Massara. Insomma, finalmente al Milan si torna a puntare sulla continuità, sull’unità e sul buon senso, qualità che si erano smarrite da più di 5 anni. E non è un caso che la serata della conferma di Pioli si celebri proprio in casa del Sassuolo, proprio dove nel gennaio del 2014 fu esonerato Allegri, la prima scelta compiuta in discontinuità con il passato, la prima scelta maturata da una presa di posizione di una delle due anime della società. Con l’esonero di Allegri cominciarono 5 anni “inaccettabili” per la storia del Milan. Giusto per usare un aggettivo tanto caro a chi decise di compiere quella scelta. Ed è bello pensare che proprio da Sassuolo si riparta. E che si riparta dal solito Ibra. A essere proprio proprio maliziosi si potrebbe anche cogliere la sfumatura delle dichiarazioni di Galliani arrivate poche ore prima dell’annuncio di Pioli, quando l’ex ad rossonero dice: “Ho incontrato Ibra… non verrà al Monza”

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