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23 aprile, la nostalgia diventa opportunità: attaccamento e ambizione gli ingredienti del nuovo Milan

23 aprile, una data storica. I più nostalgici – e probabilmente più anziani – la assoceranno a quel lontano Verona-Milan del 1978, quando l’allora “Piscinin” Franco Baresi debuttò con la maglia rossonera. I più giovani invece ricorderanno meglio la spaccata aerea di Inzaghi, quel pallonetto e la palla appoggiata in rete – col brivido – da Tomasson (tocco che SuperPippo mai gli perdonerà). Sì, stiamo parlando di Milan-Ajax del 2003. Una mera vittoria in quarto di finale di Champions, non un trofeo; una vittoria acciuffata sul gong che però spianò la strada, fece scattare la molla negli uomini di Carlo Ancelotti, i quali poi quella Coppa se l’andarono a prendere, superando in fila l’Inter e poi la Juventus.

Due momenti epici, indelebili, diversi. Ma legati dello stesso comun denominatore: l’amore per quella maglia e l’ambizione. Baresi esordì col Diavolo a 17 anni, l’anno dopo vinse lo “Scudetto della stella”. Tutto lasciava presagire un percorso in discesa. Da lì invece le vicende legate al calcioscommesse, la retrocessione, la promozione e ancora la Serie B. Sarebbe stato facile abbandonare la nave, come tanti fecero. Ma un Capitano (e la maiuscola non è casuale) non lo fa. E mai tale scelta fu più premiata. Un quarto di secolo dopo – a San Siro altri – mostri sacri, i quali eccezion fatta per Maldini ancora non lo erano e non sapevano che lo sarebbero diventati. Probabilmente proprio grazie a quel lancio, a quella spizzata, a quel pallonetto.

In quella rete, in quella vittoria c’è tutto: sudore, speranza, passione. Anche banalmente la voglia primeggiare, di raggiungere un obiettivo personale. Cose che Pippo Inzaghi non ha mai nascosto. Tutto questo rimembrare non deve però diventare un pretesto per piangersi addosso, senza far andare le mani. Piuttosto un’opportunità. In questo preciso momento storico abbiamo Donnarumma che deve decidere del suo destino, se rimanere o andare a prendere più soldi all’estero. Un capitano – giovane e ancora un po’ acerbo – che ha dimostrato però grande attaccamento, rinnovando due anni fa in una situazione societaria incerta. Un giocatore, forte e pronto, che ama Milan e che non fa passare giorno senza ricordarlo (se non si fosse capito, parlo di Theo). Altri magari non ancora all’altezza ma che hanno dimostrato di voler dare tutto per la causa rossonera. E poi il faro, come quel Maldini, Zlatan Ibrahimovic.

Gli ingredienti insomma ci sono, basta solo mescolarli nel modo giusto. Ora tocca alla brigata di cucina, tocca a Gazidis e Rangnick (?) preparare la ricetta.

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